Un libro sullo spionaggio. Un libro che ho cominciato a leggere pensando che non mi avrebbe entusiasmata, e invece… Impossibile smettere di leggere “The Human Factor” di Graham Greene, una pagina tira l’altra.
Il libro sembra procedere tranquillamente, come se fosse una tranquilla scampagnata. Se non fosse che nel frattempo si sta cercando una spia. E viene uccisa quella sbagliata.
Il protagonista è Castle, un agente segreto che nulla ha a che fare con il mitico James Bond. Nel libro ai trova più di un riferimento ironico a James Bond, proprio per rimarcare il fatto che quella è finzione, mentre la storia di Castle è la realtà. Anche se, ovviamente, si tratta sempre di nun romanzo al quale l’autore vuole dare un’aura di realismo.
Castle lavora in ufficio insieme all’agente Davis. Davis ha l’abitudine di bere. È un bravo agente, un brav’uomo innamorato della segretaria che invece non sembra ricambiare non suoi sentimenti.
Intanto in ufficio si cerca una spia. Si sospetta di Davis. Però, colpo di scena: la spia è Castle. L’uomo deve ai comunisti il fatto di averlo fatto scappare dall’Africa con l’attuale moglie Sarah. Così, si sdebitarsi passando loro informazioni relative alla situazione in Africa. Questo “gioco” Non è destinato a durare ancora a lungo…
Ho letto questo romanzo di spionaggio in lingua originale, cioè in inglese. Ci ho trovato vari riferimenti al fatto che siamo in Inghilterra. Ad esempio, l’uso della parola “Whiskey” invece del tipicamente americano “Bourbon”. E anche i riferimenti ai luoghi, sempre a sottolineare dove si è.
Inaspettatamente, mi è davvero piaciuto questo libro così “British”, che parla di spie inglesi, di “vere” spie, mica come James Bond! Sembra di vedere un film: ogni capitolo è una scena diversa. Un agente che fa il doppio gioco, colpi di scena, travestimenti, messaggi segreti e, in sottofondo, una storia d’amore. Perché poi, alla fine, ciò che resta siamo noi, “il fattore umano”. L’amore.