Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla lettura di “La signora Miniver” di Jan Struther.
Ero a una bancarella di libri usati con mia madre e stavo scegliendo dei libri: quattro a 2 euro e ne ho ricevuto un quinto in regalo! Dovendo arrivare a quattro libri, ho chiesto consiglio. E lei si è entusiasmata vedendo una copia di “La signora Miniver”. Aveva visto una serie a puntate che ne raccontava le simpatiche avventure. Sul web ho letto che ne è stato tratto anche un film ma drammatico, del 1942, diretto da William Wyle. Io non l’avevo mai sentita nominare. Mia madre ricordava la storia e si trattava di una sorta di commedia. Mi sono fidata e ho preso il libro. E ho fatto bene.
Si tratta di un’edizione Mondadori del 1965. All’interno c’è anche una scheda staccabile da compilare, un Referendum Oscar, nella quale si dà del lei al lettore. Oggi nelle schede da compilare in maniera informale si usa il tu.
Mi aspettavo un romanzo noioso che avesse come sfondo la seconda guerra mondiale. E invece ho vissuto per un po’ la vita di una donna con tre figli che vive lo scoppio della guerra ma non perde la speranza.
Una donna che vive una vita agiata in una casa a Londra con cuoca e cameriera, ma che non ha dimenticato i primi anni di matrimonio in cui lei e il marito dovevano fare economia.
La sua vita scorre tra varie vicende e i capitoli si dividono raccontando i piccoli grandi eventi nella vita della signora Miniver. Da quando acquista un’auto nuova a quando deve decidere quale sarà l’agenda in cui annotare eventi e appuntamenti per l’anno successivo, dall’inizio dell’autunno alle vacanze di Natale, passando per quella volta in cui c’era un odore nauseabondo nella casa di campagna… E le sue riflessioni non sono mai banali.
L’autrice, anche lei sposata e madre di tre figli, riesce a far trasparire con poche parole l’amore tenero che la signora Miniver prova per i figli. Il rapporto con il marito è da invidiare, vista la profonda intesa che c’è tra loro.
Uno spaccato della società borghese, il racconto di una parte di vita che passa davanti al lettore, spettatore di una pellicola che gira intorno alla protagonista.
Ho apprezzato particolarmente la riflessione sulla lingua: la classica frase che raccomandava di non sporgersi dal finestrino del treno. Il guaio, rifletteva la signora Miniver, era che bisognava ancora scriverlo in tre lingue diverse. L’ho interpretato come un messaggio che esortava ad imparare più di una lingua straniera.
Con la signora Miniver ho condiviso il difficile momento della scelta dell’agenda per l’anno nuovo. Non anticipo i dettagli per chi non ha ancora letto il libro ma è stato un momento divertente.