Ormai è innegabile: abbiamo sempre lo smartphone a portata di mano e di solito non per telefonare ma per controllare i social e scattare foto. Ma in certe occasioni i selfie sono decisamente da evitare.
C’è chi scatta foto continue delle vacanze e del luogo in cui si trova per postarle sui social in tempo reale. C’è chi fotografa ogni cosa che vede e che mangia, come se fossero foto d’autore. E poi c’è chi si scatta i selfie. Continuamente. Mangia: selfie. Si mette sotto le coperte: selfie. Esce dall’ufficio: selfie. Non giudico. Dico soltanto che “il troppo stroppia”.
Però c’è una categoria che mi sento di criticare: i selfisti dei disastri. Sembra un nuovo sport. Sono quelli che vanno appositamente nei luoghi in cui si è consumata una tragedia solo per fare una foto. E purtroppo negli ultimi anni in Italia ce ne sono state di tragedie. Erano ad Amatrice, a Rigopiano e all’Isola del Giglio davanti alla Costa Concordia. Sono quelle persone che si fanno i selfie davanti alle tragedie.
Per essere precisi, non sono sempre selfie. Un selfie è una foto che una persona scatta a se stessa. Spesso si tratta invece di foto ricordo, se così vogliamo dire. Persone che vanno e scattano una foto di un disastro. Non si deve giudicare, o almeno non si dovrebbe. Ma trovo questa pratica macabra, triste e inutile.
Avere nello smartphone l’immagine di un pezzo d’Italia in cui sono morte delle persone. Solo per tenerla lì. Per dire: “Io ci sono stato”. Mi vengono i brividi solo a pensarci.
Io sono un’appassionata di libri thriller, chi segue il mio blog lo sa. Ho ereditato questa passione da mio nonno, che amava i gialli. Sono sempre lì a cercare l’assassino tra le righe e non lo trovo mai, fino a quando non viene scoperto nelle ultime pagine. Ma questa è finzione, invenzione. La realtà è tutt’altra cosa.
Forse è la televisione a farci credere in qualche modo che sia tutto un film. Immagini di alluvioni e tempeste vengono trasmesse dallo stesso apparecchio che ci fa vedere film di fantascienza e serie tv. E allora sembra tutto un gioco, tutto finto, tutto lontano e allo stesso tempo parte della nostra vita, ma senza intaccarla.
Ma la vita è un’altra cosa. E va rispettata.