Pensieri su… “Il gioco del male”

“Il gioco del male” (2016) di Angela Marsons è un gentile dono ricevuto da Newton Compton Editori per il “Club dei lettori”.

Ho cominciato questo libro trovandolo un po’ pesante nei temi. Poi però la trama prende forma e si comprende di essere su un doppio binario: quello di Kim, detective dal difficile passato con corti capelli corvini e occhi scurissimi, e Alex, affascinante psichiatra bionda con gli occhi azzurri che spinge i suoi pazienti a commettere omicidi. Dopo il caso della giovane Ruth che uccide l’uomo che l’ha brutalmente violentata, le due donne s’incontrano. E Alex comincia a provare uno strano interesse per Kim, e viceversa.

Farò un po’ di spoiler ma poco: non voglio rovinarvi le sorprese. Siamo in Inghilterra e si sente. Si parla dei goblin che infestano le miniere e si legge di foto alle pareti con i componenti della famiglia, una caratteristica delle case inglesi. Preferisco i thriller scandinavi ma sono rimasta piacevolmente sorpresa da questo libro. La copertina non mi entusiasma ma ho ricevuto questo libro per il “Club dei lettori” e ho cominciato a leggerlo. Senza aspettative. E l’inizio è stato pesante: un uomo arrestato per pedofilia e una donna violentata che diventa l’omicida del suo aggressore. Ma ho continuato a leggere, perché nonostante la brutalità della storia, si tratta per la maggior parte di un thriller psicologico. Alex è una sociopatica e cerca di spingere persone con dei problemi a uccidere senza provare rimorso. Quando Kim si rivolge a quello che era stato il suo psichiatra, c’è un interessante dialogo che descrive chi è un sociopatico (e si capisce che l’autrice ha studiato). Bellissimi i duelli di parole tra Kim e Alex. E lascia a bocca aperta il modo in cui Alex spinga i suoi pazienti a fare del male, senza essere ufficialmente coinvolta. Kim cerca di smascherare Alex e intanto di risolvere il caso del padre pedofilo, che nel buio seminterrato non era solo… Intanto Alex continua a mietere vittime, e per vittime intendo anche i carnefici. Finale col fiato sospeso nell’ultimo scontro fisico e verbale tra le due donne, seguito dalla risoluzione del caso. Ho apprezzato molto il cane Barney: un tipo speciale, come le sue idee. Le ultime righe sono piene di tenerezza e speranza. Bello. Assolutamente da leggere. 

Non ho letto il precedente “Urla nel silenzio”, che ha sempre come protagonista la detective  Kim Stone, ma mi riprometto di farlo. 

Alla fine del libro c’è una lettera dell’autrice.

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