Strana lettura… Due scrittori parlano, fa venire voglia di scrivere…
La copia usata di “Lo scrittore fantasma” di Philip Roth che ho acquistato in un mercatino è del 2002. Odora di fumo ma, dopo un po’ che stavo leggendo il libro e quindi sfogliando le pagine, quest’odore si è attenuato. Ora le pagine sanno di dolciastro; al centro del libro, avvicinando il naso, si sente ancora bene l’odore del fumo. Poi c’è un altro odore, forse l’odore di qualcuno.
Il protagonista è Nathan Zuckerman, che fa il suo ingresso nella letteratura in questo libro. Tutto si svolge dal pomeriggio alla mattina del giorno seguente. Due scrittori: uno affermato, E. I. Lonoff, l’altro in erba, il giovane Nathan. Entrambi ebrei. Lonoff, quello affermato, ha una relazione con la giovane Amy, che si trova a casa sua e passa lì quella notte. Ma Lonoff la respinge. La moglie Hope ne è ovviamente gelosa. La ragazza è una studentessa ebrea allieva di suo marito, che è stata aiutata da lui a venire in America dall’Inghilterra, dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Somiglia ad Anna Frank e in un’intero capitolo è verosimile pensare che possa essere proprio lei. Ma non è così. Lonoff tratta la moglie con superficialità, la trascura per la sua arte e la dà per scontata. Non sembra dare un reale peso alla sua gelosia.
Nathan a tavola all’inizio si sente a disagio per aver tradito più volte la sua ragazza, vedendo la vita pacifica di Lonoff e sua moglie. Sembrano felici. Ma anche Lonoff ha i suoi segreti! E vengono presto svelati, con una violenta e improvvisa reazione della moglie che lo esorta a cacciarla e a sostituirla con Amy.
Dopo la scenata tra le due donne in quella casa, Lonoff si affretta a inseguire sua moglie, che alla fine parte a piedi con la valigia, in mezzo alla neve, e lascia a Nathan l’uso della casa per permettergli di scrivere i suoi appunti; e afferma che un giorno sarebbe stato curioso di sapere come sarebbero venuti in una storia, dando per scontato che Nathan ne avrebbe tratto un racconto.
Digressioni. Si va dall’Olocausto e dall’ipotetico racconto di una Anna Frank sopravvissuta, ai problemi che ha Nathan con la sua famiglia a causa di un suo racconto con protagonisti di origine ebraica per niente apprezzato dalla sua famiglia. In quel racconto, i protagonisti apparirebbero avidi e ai genitori di Nathan, come al giudice Wapter (anche lui ebreo), questo racconto non va giù. Non vogliono che venga pubblicato. E questo divide Nathan da suo padre.
Durante la lettura ho incontrato un brano che mi ha fatto ripensare a “Il profumo” di Süskind, quando il protagonista, Grenouille, si versa sopra tutta la bottiglietta del profumo da lui creato che fa “amare” la persona che lo porta. Ma non credo fosse “amore”, piuttosto “ammirazione”, “devozione” e “voglia di possesso”. Grenouille infatti viene fatto a pezzi e mangiato dalla gente che aveva intorno, perché portava troppo di quel profumo. Philip Roth racconta qualcosa di simile, quando Nathan Zuckerman racconta di una conferenza dello scrittore Abravanel:
“Ci furono dei momenti, durante la sua conferenza (questo accadde a Chicago, l’ultimo anno che vi passai) in cui Abravanel dovette fermarsi, dietro il leggio, apparentemente per non dire a caldo qualcosa che sarebbe stato troppo accattivante perché il pubblico potesse sopportarlo. E aveva ragione. Fosse stato un po’ più furbo, amabile e sornione, forse avremmo assaltato la tribuna e ce lo saremmo mangiato vivo”.
Sembra strano dirlo vista la trama semplice e insolita ma questo libro è avvincente. Semplice, realistico nella sua singolarità e pieno di piccoli colpi di scena. L’ho letto con calma, in pochi giorni.