Continuo a seguire i corsi di giornalismo e nell’ultimo a cui ho partecipato si parlava dell’immigrazione, con riferimento all’operazione “Mare Nostrum” e molto altro. Non vi tedierò raccontandovi le mie ore di corso, seppure interessanti.
Una cosa mi è rimasta particolarmente impressa: si diceva di cambiare il termine “immigrati” con “migranti” e il termine “clandestini” con “irregolari”. Mi ha ricordato quando, anni fa, a noi bambini si diceva di non dire “negro” ma “nero” o “di colore”. E nel termine c’era racchiusa la volontà di cambiare un tipo di cultura: in fondo una parola vale l’altra, il significato è lo stesso, ma era il nostro modo di percepire le cose che si voleva cambiare. Sostituendo il termine, che suonava in qualche modo dispregiativo, con un altro di uguale significato ma privo di quel qualcosa di negativo che aleggiava nell’altro, si cercava di cambiare una società, ovviamente in meglio. La stessa cosa accade oggi.
Era solo una riflessione.