Pensieri su… “Le anime bianche”

La letteratura classica è come un lago che ti inghiotte: si entra in un mondo profondo e per il lettore ancora inesplorato. Non è come leggere un qualsiasi altro libro. E leggere Frances Hodgson Burnett è pura magia!

“Le anime bianche” (Panesi Edizioni 2015) è un romanzo breve di Frances Hodgson Burnett scritto probabilmente durante la prima guerra mondiale e tradotto per la prima volta in Italia da Annarita Tranfici. È disponibile sia in e-book che in edizione cartacea. Vi consiglio di leggere l’interessante introduzione, in cui si tratta il tema della morte e della vita dopo la morte. La Burnett aveva perso suo figlio Lionel e pensando a lui scrisse “Il giardino segreto”, romanzo in cui il piccolo Colin, malato dalla nascita, riesce però a guarire. Colin era la rappresentazione di suo figlio Lionel e lo stesso succede con la figura di Hector. Scusate l’autoreferenzialità, ma per quanto riguarda “Il giardino segreto” e suoi personaggi vi rimando al mio saggio “Il mondo di Frances Hodgson Burnett: The Secret Garden, Little Lord Fauntleroy e A Little Princess” (La Riflessione – Saggistica 2010). E vi do una notizia: il mio saggio non si trova più in commercio, perché la casa editrice ha chiuso. Però avrei intenzione di lavorare a una nuova edizione. Un’altra studentessa universitaria mi ha contattata recentemente per averne una copia e mi sono resa conto del problema, che le ho risolto. Quindi per ora, se qualcuno avesse bisogno di averne una copia, può contattare direttamente me.

Il romanzo breve “Le anime bianche” mi ha fatto immediatamente pensare a una lettera trovata da Sarah Elzabeth Mason Walden, un’americana che ho conosciuto su Facebook. In questa lettera, attribuita alla Burnett, la scrittrice parla di un certo Olive. La lettera ha una banda nera che indica il lutto. La domanda è: e se Olive fosse stato un medium? Qualcuno scelto dalla mamma scrittrice per parlare ancora con il figlio Lionel? Ipotesi. Solo ipotesi.

Ma torniamo a noi, al romanzo breve “Le anime bianche”. Che dire? È la Burnett! Non avrei altro da aggiungere. Una storia di una semplicità estrema eppure di una profondità immensa. Ysobel, giovane donna orfana, è l’unica in grado di vedere “le anime bianche” (in lingua originale “the white people”) e lo confida allo scrittore che tanto ammira, Hector MacNairn. Ysobel è una ricca ereditiera che vive in un affascinante castello immerso nella brughiera e lui ne è affascinato.

La traduzione è ottima, nonostante qualche piccola imprecisione. Comunque, resta veramente un bel lavoro.

La Burnett rapisce il lettore, come sempre.

Niente succede per caso, ogni piccolo fatto della nostra vita è lì per portarsene dietro un altro. È un messaggio impresso in questo libro che mi è rimasto in mente.

Ysobel non è consapevole del dono che ha: vedere le “anime bianche”, persone dalla pelle così bianca da sembrarle di un’altra “razza”. Non sembra consapevole del fatto che siano spiriti. Anche avendone tutte le prove davanti. Ma Hector e sua madre si appoggiano a lei proprio per avere la certezza che ci sia una vita dopo la morte. Madre e figlio si trovano infatti in un momento per loro cruciale, perché Hector è malato e potrebbe lasciare questa vita da un momento all’altro.

Un romanzo delicato e profondo, scritto da una madre che ha perso suo figlio e scrive di un’altra madre che sta per perdere il suo. Ma non sarà un addio.

Un romanzo da leggere.