Premiazione del Concorso letterario per racconti a tema libero “Cultora”

 
La premiazione dei vincitori della prima edizione del Concorso letterario per racconti a tema libero “Cultora”, per gli autori del centro e del sud Italia, avrà luogo sabato 23 maggio alle 18 a Impact Hub in Viale Scalo San Lorenzo, 67 a Roma. Nella stessa occasione sarà anche presentata l’antologia “I Racconti di Cultora” Centro-Sud (Historica Edizioni 2015). 

Come sapete, io ho partecipato con il racconto breve “La venditrice di speranza”, ambientato nel mondo delle Quadrobambole, che si svolge in parte nella Città di Carta.

Il concorso è stato indetto dal portale di informazione culturale Cultora (www.cultora.it) in collaborazione con Historica Edizioni.

“Racconti di Cultora” 

 Arriva l’antologia “Racconti di Cultora” (Historica Edizioni 2015) alla quale anch’io ho contribuito nella raccolta Centro-Sud con un racconto breve dal titolo “La venditrice di speranza”, essendo risultata tra i vincitori della prima edizione del Concorso letterario per racconti a tema libero “Cultora”, indetto dal portale di informazione culturale Cultora (www.cultora.it) in collaborazione con Historica Edizioni. Il racconto è ambientato nel mondo delle Quadrobambole e si svolge in parte nella Città di Carta.

Dal 14 al 18 maggio l’antologia sarà disponibile al Salone Internazionale del Libro di Torino, al Lingotto Fiere, presso lo stand di Historica Edizioni e Giubilei Regnani Editore (padiglione 1 B68-C57). È stato deciso di non fare la premiazione durante il Salone del Libro, perché si rischiava di avere a disposizione uno spazio ridotto in un orario scomodo, visto l’ampio numero di presentazioni in quei giorni. 

La premiazione avverrà quindi dopo il Salone del Libro di Torino. Presto ulteriori notizie!

Un mio racconto tra i vincitori

Ho ricevuto un’e-mail completamente inaspettata:

Caro autore,

abbiamo ultimato la selezione dei racconti per il “Concorso XXX”, se ricevi questa email è perché il tuo racconto è stato selezionato e verrà pubblicato in un’antologia edita da XXX. In attesa di definire la data e il luogo della premiazione (che ti comunicheremo in una successiva email), ti comunichiamo che il libro uscirà a metà maggio in occasione del Salone del Libro di Torino dove sarà disponibile presso lo stand di XXX.

Anche ora faccio fatica a crederci… Avrete notizie certe sulla premiazione e sulla presenza del libro al Salone del Libro di Torino appena le riceverò anch’io ma la comunicazione che mi hanno mandato era chiara e precisa.

Per ora vi racconto com’è andata dal mio punto di vista.

Avevo visto l’annuncio di questo concorso su Facebook. Per caso (ammesso che il caso esista). Mi stavo mettendo a dormire quando ho ripensato proprio a questo concorso. Avevo salvato nello smartphone l’e-mail a cui inviare un racconto per partecipare. Prima di addormentarmi, ho avuto un’improvvisa ispirazione e mi sono messa a scrivere. Di getto. Una storia cotta e mangiata. L’ho inviata subito dallo smartphone. È un racconto breve. Ed è piaciuto. 

Mi era successa la stessa cosa quando a dicembre 2008 sono stata selezionata tra i cinque vincitori della terza edizione del Concorso Estivo della Carta Europea della Sicurezza Stradale. 

  

Il lavoro presentato è stato pubblicato sulla prima edizione della rivista della “Carta Europea della Sicurezza Stradale”. 

  

Un’amica mi aveva segnalato questo concorso e ho partecipato per caso (?) e anche quella volta avevo scritto un testo breve di notte, però da un piccolo portatile, a letto, prima di addormentarmi. Ho vinto un viaggio a Barcellona, città che avevo già visitato e che adoro, e nella quale ho seguito le orme di Gaudì.

Questa volta invece vedrò il mio racconto in un’antologia che sarà presente a maggio al Salone del Libro di Torino!  E ancora mi chiedo: ma davvero? 

Vi terrò aggiornati!

GdL – Pensieri su… “Ritorno a Haifa • Umm Saad – Due storie palestinesi”

 

Poche pagine rispetto a quelle del precedente libro ma direi anche poche in generale: solo 109.

“Ritorno a Haifa” è un racconto che lascia con l’amaro in bocca: tutti hanno ragione, tutti hanno torno e niente si risolve, anzi, la situazione peggiora. Nemmeno un figlio ritrovato riesce a far riunire Israeliani e Palestinesi, facendoli vedere a vicenda per quello che sono: persone.

Una coppia di coniugi palestinesi ritrova il figlio perso vent’anni prima e adottato da una famiglia ebrea alla quale è stata assegnata la loro casa. Ma il figlio ora combatte per Israele. Il padre biologico comincia a sognare che il suo secondogenito si unisca presto ai fedayin, cosa che invece prima gli aveva vietato di fare.

Le madri hanno poche parole. Il giovane crede di essere stato abbandonato anche se non è stato così: i genitori lo hanno in qualche modo lasciato senza poter tornare a prenderlo, nella confusione, mentre dovevano lasciare per forza la città. Ma avrebbero dovuto cercare con tutte le loro forze di tornare, quei genitori, e il figlio li considera vigliacchi. 

Errori rinfacciati di padre in figlio, errori commessi da una “parte” e dall’altra, perché è così che si è parlato nel salotto della casa contesa, attraverso due barricate; in quella casa in cui si parlava arabo e poi, portati via i proprietari, la cultura ebraica aveva fatto il suo ingresso. E si parla in inglese come lingua “di mezzo” che però non riesce a far fare un passo “nel mezzo” a quelle persone così strette nelle loro posizioni. Tutti accusano. Nessuno ama.

“Umm Saad”. La madre di Saad, definita vecchia a soli quarant’anni. Giustifica suo figlio continuamente, qualsiasi cosa faccia. Lui doveva firmare un foglio in cui ammetteva che si sarebbe comportato bene, per poter uscire di prigione ma si è rifiutato. La madre all’inizio sperava che riuscissero a farlo uscire per poi vederlo scappare ma poi lo giustifica per non aver firmato, perché tanto anche il campo profughi è una prigione. In seguito lui se ne va senza avvertire e diventa un fedayin e la madre lo giustifica ancora, perché in precedenza le aveva accennato due o tre volte che sarebbe voluto partire.

Io non la vedo come una “madre coraggio”: è solo una persona che ha perso tutto, anzi, che non ha mai avuto niente: prima era povera e poi è finita in un campo profughi; schiacciata da un figlio che non la rispetta e da un marito che la tratta in modo brusco e se la prende con tutti, perfino con la propria ombra, e lei ovviamente giustifica anche lui: è colpa della povertà. E quand’è che il marito diventa affabile? Quando lui e la moglie vedono combattere in un’esercitazione in piazza il loro secondogenito, un ragazzino in divisa color cachi con un fucile in mano, entrambi assurdamente orgogliosi. Mah…

Abu Saad, il padre di Saad, si sente meglio vedendo i figli pronti a combattere. La guerra è paragonata alla rinascita di un ramoscello di vite che è stato piantato e vede spuntare la sua prima gemma. Di nuovo: mah!

Scrittura liquida



Come sapete, sto scrivendo un saggio sull’importanza della scrittura liquida. È un argomento che mi sta particolarmente a cuore e sul quale recentemente ho potuto intervistare per la Radio Vaticana Claudio Garibaldi, grafologo e collaboratore dell’Istituto grafologico internazionale “Moretti” di Urbino, che si sta occupando di una campagna per tutelare la scrittura a mano.
Ho ricevuto su questo sito un commento al post “Saggio sulla scrittura a mano” firmato Daniela Mennichelli, e credo di non sbagliare riconoscendola come consulente grafologa anche lei collaboratrice dell’Istituto “Moretti”. Di seguito, riporto parte del commento: 

“Complimenti! Scrivere a mano è un diritto umano inviolabile, una competenza artigianale che fa di noi quello che siamo in primis, ESSERI UMANI. Grazie per tenere accesi i riflettori su questo tema fondamentale, la battaglia delle battaglie combattuta a suon di carta, penna e mano, materiali poveri e semplici che danzando insieme tengono svegli i nostri cuori, le nostri menti, le nostre coscienze e i nostri corpi”.

Inutile dirlo, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Sto finendo di lavorare al mio saggio sulla scrittura liquida. Intanto sto seguendo la campagna che tutela la scrittura a mano. Vi terrò aggiornati! 

GdL – “Ritorno ad Haifa”, “Lettera a un ostaggio” e “Il mercante d’ali”

Come anticipato, il nuovo tema scelto per il Gruppo di Lettura di cui faccio parte è l’Islam. È stata proposta la lettura di “Ritorno ad Haifa” di Ghassan Kanafani, a cura di Isabella Camera d’Afflitto. Ora aspetto che questo nuovo amico di carta arrivi!

Nell’ultimo incontro si è parlato del libro “Édith. Mia sorella” avendo come sottofondo per un po’ le sue canzoni. 

Una ragazza ha mostrato un suo notevole disegno a tempera bianca su foglio nero che raffigurava la cantante parigina. È bello come possiamo lasciarci ispirare in mille modi e stavolta un libro e la musica hanno dato vita a un disegno!

Di nuovo un componente del gruppo, lo stesso della volta scorsa, ci ha fatto un piccolo dono, stavolta si tratta di due scritti: uno è “Il mercante d’ali” di Jacques Taravant, l’altro è la “Lettera a un ostaggio” di Antoine de Saint-Exupéry. Da leggere sicuramente.



GdL – Pensieri su… “Édith. Mia sorella”



Libro scorrevole, si legge come bere un bicchiere d’acqua. Una storia incredibile, quasi irreale, e forse a tratti lo è, nel senso che il racconto è mediato dalla percezione della sorellastra di Édith Piaf. Neanche questo è certo: Simone Berteaut afferma di avere lo stesso padre di Édith ma, considerando soprattutto la promiscuità dei personaggi, non credo possa essere notizia certa. 

 Per essere precisi, nel dorso del libro, è soltanto nel dorso, il titolo è scritto così: “Édith. Mia sorella”. Io avrei usato la virgola. All’interno del libro, dopo il nome si va a capo, senza punteggiatura ed è scritto in stampatello. L’accento sulle maiuscole in francese si può omettere ma qui è utilizzato.

 Da bambina Édith Piaf era cieca: aveva problemi di cataratta. 

 Cominciò cantando per strada, prima ogni tanto con suo padre, poi con la sorellastra Simone, detta Momone. 

 S’innamorava con la stessa facilità con cui si beve un bicchiere d’acqua quando si ha molta sete e pare che lei avesse sempre molta sete… 

 Spendeva sempre tutto quello che guadagnava: lei e la sorellastra non avevano mai messo un soldo da parte. Vivevano alla giornata. Vivevano insieme, in albergo. Solo quando la Piaf divenne famosa, e non subito, comprò una casa.

 Beveva molto. Anche se Momone afferma che bevevano solo per fare le buffone. Édith aveva bisogno di innamorarsi, uscire e divertirsi con altre persone. Amava la notte. 

 Aveva carenze nella lingua, leggeva con difficoltà e a malapena scriveva, non conosceva le buone maniere. Ha dovuto impegnarsi molto per recuperare le sue lacune. 

 Sembra quasi di conoscerla attraverso questo libro, di essere lì con lei. Ma tutto è visto attraverso lo sguardo di Simone. 

 Passò da Édith la monella a Édith Piaf!
La sorellastra, che aveva sempre vissuto con lei, cominciò ad incontrarla ogni tanto e a guardarla da lontano: Édith conviveva con un uomo, Raymond Asso, che aveva avuto fiducia nelle sue doti e le aveva insegnato tanto, dal parlare alle buone maniere; mentre Simone, dopo che Édith aveva cominciato la convivenza, aveva un marito e faceva fatica a seguire Édith e il suo mondo. Ma cercava lo stesso di starle dietro, anche se si sentiva messa da parte: Édith le disse di assistere alle prove per l’ABC in disparte, per non farsi vedere da Raymond. Poi Édith cambiò uomo e tornarono a vivere insieme. 

 Édith ebbe tanti uomini, trovava il successivo prima di sbarazzarsi di quello che aveva in casa. Perché, di solito, li faceva alloggiare a casa sua. E Momone viveva con loro. Soltanto anni dopo, scegliendo uomini molto più giovani, si vide abbandonare da loro.

 Di Jean Cocteau solo qualche accenno: per lei e Paul Meurisse scrisse l’opera in un atto “Il bell’indifferente”, ispirata proprio ai due protagonisti. Édith viveva con Paul. Cocteau morì mentre in radio leggeva il necrologio di Édith. I funerali furono celebrati per entrambi lo stesso giorno.

 Più che un libro che parla di famiglia, è una storia di eccessi, povertà, amori e successi. Io la definirei più una storia di amicizia, quella tra Édith e Momone. Due donne contro tutto. La famiglia non è certo al centro della storia. Non sapevano neanche cosa fosse. Si vede che era mancata loro la guida dei genitori.

E poi si parla dell’occupazione di Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale. Édith amava i soldati e fece di tutto per aiutarli.

Si faceva intenerire da storie tristi e regalava soldi a destra e a manca. La povertà non le aveva insegnato a risparmiare. Amava fare regali, in particolare ai suoi uomini. 

 Momone la definiva una pettegola ma la considerava una grande. Io ci ho letto una puntina d’invidia qua e là: è dura vivere all’ombra di Édith Piaf. 

 Non conosceva neanche il solfeggio… E le girava in testa “La vie en rose”! La scrisse per un’altra e la cantò solo due anni dopo! 

 Édith Piaf era un’egoista: voleva vicino uomini che credo non amasse, anche se diceva di sì, fino a quando non si stancava; e allora, prima di lasciare fidanzato del momento, se ne cercava un altro. Di solito andava così. Oppure erano solo storielle brevi. Teneva Simone come se fosse la sua dama di compagnia: se l’uomo di turno la sopportava, poteva abitare con loro, altrimenti no. E la lasciava al suo destino. Non si è mai preoccupata della vita di Simone. Quando vivevano insieme e si allontanava qualche giorno, reclamava la sua dama di compagnia, ma se non voleva tenerla con sé non si faceva problemi a lasciarla sola. Ma attenzione, questo è quello che si evince dagli scritti di Simone.

 Ad un certo punto, Simone fa parlare Édith, rivolta a lei: “Tu sei la mia memoria. Allora fai attenzione. Non dimenticare nulla”. Un po’ come se la sorellastra l’avesse legittimata a diventare la sua biografa. Ma la Piaf si è scritta da sola la sua autobiografia. Per essere obiettiva, dovrei leggerla e vedere quante cose collimano con quello che scrive Simone, poi cercare la verità nella via di mezzo.

 Il periodo americano ha diviso le sue presunte sorellastre, anche perché l’uomo di turno, uno dei Compagnons, non ce la voleva da quando erano in Francia. Poi Édith torna, Simone chiama il suo albergo, e la cantante le chiede di andare da lei. Pensava di essere stata abbandonata e invece la Piaf parlava della sorellina al suo nuovo uomo. Prima di rincontrarla, Simone scrive: “È poi io avevo paura, perché non sempre i nostri incontri finivano bene”. Le presenta Marcel Cerdan, un pugile già sposato, che a Casablanca aveva avuto una liaison con Simone: non le dissero mai niente, dicevano che Édith era come una bambina.

 Ma come faceva Simone a farsi trattare così? Quando Édith stava con il pugile, ad esempio, era lei che accompagnava la cantante alle sue esibizioni fino alle tre e poi si svegliava alle otto per preparare il succo di frutta a Cerdan e accompagnarlo negli allenamenti! E precedentemente, sorvegliava e doveva seguire Yves Montand! E Édith non le dava mai soldi, diceva che avrebbe combinato guai, ma le metteva i soldi in un libretto di risparmio. A Cerdan Simone faceva pena e ogni tanto le allungava qualche soldo. Pensiero: non sarà che Édith non desse soldi a Momone per non perderla e che la sorellastra accettasse tutto da Édith per i benefici che ne traeva? Alla fine, non le faceva mancare niente,  la portò anche in America e al tavolo della allora principessa Elisabetta d’Inghilterra! 

 Non ci credo! Prima del campionato mondiale a cui avrebbe preso parte Cerdan, Édith aveva paura che lo avvelenassero, allora faceva mangiare prima a Simone metà di quello che era destinato a lui! Ma è assurdo! Che bene voleva Édith alla sua presunta sorella? Nessuno! E Simone, che rispetto aveva per se stessa? Nessuno! E Cerdan, come poteva permettere questa assurdità? Mah…

Dopo un brutto incidente, cominciò con le iniezioni di morfina e ne divenne dipendente. Poi cominciò ad usare l’alcol come surrogato della droga. Poi ancora la droga, contro il dolore: reumatismi e cancro, costole rotte.

Poi leggo: “I giornalisti fanno il loro mestiere di sciacalli”. Fatemi capire, se scrivono una bella recensione, non vengono commentati, se scrivono una notizia negativa o, come in questo caso, seguono una cantante malata che potrebbe crollare da un momento all’altro, sono sciacalli! Danno semplicemente la notizia, bella o brutta che sia!

Toccante l’addio tra le sorelle (o presunte tali); la sensazione è però che le persone che aveva intorno Édith non si rendessero conto dell’importanza di Momone nella sua vita: forse perché lei stessa gliene dava poca? Anche se poi era contenta di vederla.

Mi è piaciuta soprattutto la prima parte, quando erano ragazze e Simone aveva notizie fresche sulla vita di Édith, non di seconda mano, perché dopo che Simone ebbe un figlio, andò a vivere da sola; poi anche Édith si sposò, per due volte. Buona la seconda, con Théo Sarapo. Lui era l’uomo che aveva aspettato tutta la vita, Cerdan l’unico che amò. Sul letto di morte, Édith rimproverò a Simone di averla piantata. Ma quante volte lo aveva fatto lei a Simone?

Ne esce un’Édith generosa ma viziata, lunatica, con assurde pretese verso chi la circondava. Però la sua bravura faceva in modo che tutti le perdonassero tutto. Mi è risultata antipatica. Ma sulla scena era Édith Piaf.

Conosco poche sue canzoni: adesso sono curiosa! Mia madre è una sua fan, ha una raccolta con due cd: mi farò una cultura!