Pensieri su… “L’alba dei papaveri”

Non solo ho ricevuto un bel libro di poesie ma anche una dedica scritta dall’autrice Adua Biagioli Spadi all’interno; e non solo la dedica nel libro ma anche una lettera dell’autrice! Insomma, più che una sorpresa!

“L’alba dei papaveri – Poesie d’amore e identità” è uscito a giugno 2015, edito da La Vita Felice.

La copertina celeste, un celeste opaco, tenue, sembra dica: “Sfogliami!”. Anche l’immagine di copertina, discretamente sistemata a lato, mi ha subito colpita: davvero un bel quadro con i papaveri, e davanti in foto due mani che sembrano volerli prendere. Mi sono stupita nel vedere che non solo il libro ma anche il quadro è opera di Adua Biagioli Spadi! Bravissima!

A volte scopriamo dei piccoli tesori pubblicati da editori minori e scritti da autori poco conosciuti, che però si fanno largo nella nostra libreria, nel nostro cuore e nell’anima, restando per sempre parte di noi. E questo libro è uno di questi. 

Nella prefazione di Ilaria Minghetti si legge: “La vita è concepita come un’avventura magica, preziosa, unica, nella quale il mistero è stupore, la speranza è sostegno vitale”.

Una concezione della vita che si sviluppa tra il 2007 e il 2014, periodo durante il quale la poetessa parla a se stessa e agli altri scrivendo questa raccolta. Ed eccola osservare il passato con gli occhi del presente, per comprenderlo meglio e comprendere meglio se stessi.

Poetessa e pittrice: uno splendido binomio! La prima poesia s’intitola “Rosso” e la seconda, “La Pietà”, è un omaggio a Michelangelo Buonarroti. Perché un artista è un artista: quando dipinge non fa solo il pittore e quando scrive non si comporta solo da scrittore! E questo compenetrarsi di diverse arti mi fa capire che Adua sia un’artista, una che l’arte in diverse forme ce l’ha dentro.

Non ci conosciamo personalmente ma un bel giorno ho ricevuto una sua richiesta di amicizia su Facebook. E così ho conosciuto il suo libro e il suo mondo.

Mi ha colpita l’inizio di “Nel silenzio”: “Nel silenzio che mi sta dentro, / in quello sospeso dell’aria ferma / dimorano i sogni / come punti di arrivo mai toccati”.

Difficile entrare in ogni frase di queste poesie che all’attrice rimandano un passato preciso ma che il lettore, all’oscuro di quel passato, non riesce a vedere o a immaginare. Se ne avverte solo il sentore, perdendosi nei propri ricordi e in quello che le parole ci suggeriscono, ritrovandolo nella nostra storia personale.

Una poesia molto ricercata, raffinata, che sembra andare sempre più in alto ad ogni parola. E ad ogni nuova poesia ricomincia la scalata.

Leggendo, mi sentivo come se stessi mordendo una mela verde: ad ogni morso un suono croccante, un sapore aspro e poi dolce di ricordi difficili e temperati.

Bella “Pagina bianca”, soprattutto quando dice: “Assomigli quasi al mondo / inventata per i pensieri, / invisibile mappa senza confini”.

Ho apprezzato molto anche “Un inverno”.

Bellissima la sua idea di speranza, nell’omonima poesia: “Punto giallo al cento del nero”. L’anima della pittrice riemerge spesso e sempre a proposito, lasciando un tocco di colore all’immaginazione.

Queste poesie sono un mix di visioni e di ricordi. Poesie personalissime realizzate come quadri di Picasso, doni della poetessa a chi le vuole percepire. Non una realtà tangibile ma intima nella quale l’autrice vorrebbe trasferirsi. È come luce attraverso un prisma.

Nella poesia “La mia casa” scrive: “Mi piace guardare la mia casa / avvolta nella sera” e poi “Come il ragno scoperto / la paura fugge via”. Perché è così, la paura svanisce quando si è casa, scompare davanti alla sensazione di casa.

Sembra di vedere il paesaggio descritto in “Un altro mondo”, che racconta di qualcuno che sa di un mondo innevato, “quando la neve impalpabile / diventa bellissima, / pallida accende d’incanto / i boschi fantastici”

Ho apprezzato particolarmente “Oltre (omaggio all’amicizia)”. Da leggere.

Sono 69 poesie. I temi sono vari. Molto tenero che le ultime due poesie siano dedicate al padre e alla madre della poetessa.

Viola su carta – Saggio sulla scrittura a mano e non solo

 
È finalmente uscito il libro di cui vi avevo parlato: “Viola su carta – Saggio sulla scrittura a mano e non solo”! Ringrazio di cuore Iride Conficoni e Claudio Garibaldi per il loro prezioso contributo e i consigli. E un grazie anche a Daniela Mennichelli per aver apprezzato questo viaggio nella scrittura a mano e non solo.

Un viaggio nella bellezza della scrittura a mano e nella scrittura intesa come processo creativo. Un testo innovativo, tra il diario personale e il saggio, passando attraverso l’amore per la scrittura a mano, che purtroppo sta perdendo terreno nel confronto con tablet, smartphone e computer, e invece è una ricchezza; ma anche un diario che esprime in maniera profonda l’amore per la scrittura, intesa come mezzo per esprimersi e dare voce all’immaginazione. Interessante e precisa l’analisi grafologica della grafia dell’autrice da parte della grafologa Iride Conficoni, che ha curato anche la prefazione.

Maggiori informazioni http://m.arduinosaccoeditore.eu/products/viola-su-carta
 

Pensieri su… “Elissa e altri racconti”

 Uscito nel 2013 ,”Elissa e altri racconti” (Youcanprint Self – Publishing) di Franca Adelaide Amico si trova sia in cartaceo che in e-book. Io l’ho letto in versione e-book.

Il titolo mi ha subito incuriosita, in fondo il nome Elissa somiglia moltissimo al mio. Credevo di trovarmi davanti una serie di racconti fini a se stessi ma mi sbagliavo: è molto di più.

C’è qualche errore di battitura e gli anni potevano essere scritti a numeri, per essere letti più agevolmente. Ma la scrittura è molto scorrevole. Spesso profonda.

La prima parte s’intitola “Elissa”.

Il primo racconto, “Il pellegrino”, narra a grandi passi il cammino di Rumi, che attraversa tutti i punti cardinali per arrivare al sud. In ogni momento c’è un cambiamento, una novità, una prova da affrontare e un aiuto per andare avanti. Si incontrano spesso frasi che fanno riflettere e simbolismi. Un po’ come nel libro “La principessa che credeva nelle favole” di Marcia Grad Powers. Anche questa sembra una favola ma in realtà è un percorso interiore in cui si esprime la voglia che ogni essere umano ha e deve avere di evolversi, di migliorarsi, sempre. 

Leggere questo libro è come nuotare in un mare caldo e calmo, guardandosi intorno e scoprendo nel paesaggio sempre nuovi dettagli.

Mi è piaciuto molto quando dice: “Si vide bambino mentre piangeva con i pugni chiusi premuti sugli occhi quasi che il costringersi a non vedere avrebbe lenito il dolore. Ma, allora, non sapeva che il dolore era dentro e che, comunque, è meglio affrontarlo ad occhi aperti”. È davvero così. Almeno, lo è per me: le cose vanno affrontate guardandole in faccia.

Segue “Elexel”: in una torre della città di Elemar viene custodito il Sacro Graal. In passato veniva tenuto nascosto ma al tempo di questa storia si era deciso di mostrarlo alla gente, perché potesse credere. Elexel è un uomo semplice e umile che ogni mattina è stato incaricato di spolverare niente di meno che il Sacro Graal: una coppa di legno grezzo che per lui è esattamente questo e non ha segreti. Il custode del Graal, Kabu, pensa invece che questa coppa di segreti ne abbia e cerca di spiegarli al mondo. Un giorno uno dei suoi sette discepoli si allontana dal gruppo, perché sente di non aver compreso la verità e le ragioni della sua esistenza. Si ritrova a parlare con Elexel e lo definisce un “vero maestro”. Dopo quel breve incontro vorrebbe fermare i pensieri che gli si affollano in testa e allora decide di scrivere: era ora di restituire quello che aveva imparato. Capisce che c’è bisogno di una sola cosa: di avere cuore. E un giorno sarebbe tornato tra i discepoli-combattenti.

Il terzo racconto è “Elissa”, una donna che esce da un amore difficile e dal lutto che ha portato alla perdita dell’uomo che amava, e che si era rifatto una vita dopo che si erano lasciati. Una donna che, mentre l’autunno sta per arrivare, si addormenta avendo capito che doveva andare avanti.

Poi si passa ad “Altri racconti”. Tutti introspettivi. In “Pezzi” si legge che la fantasia “si accenna nella mente a sottili strati pronti a farsi scalfire e sfogliare come fossero sottili lamine d’oro”. “La penna che segue disperatamente il pensiero, che riproduce sul foglio quella sottile lamina d’oro, così sottile che temi di spezzarla già al primo tentativo di separarla dalle altre… Però ci provo lo stesso”.

“La scrittura, insomma, è un mistero che si svela attraverso la lettura”. Però bisogna rileggere quello che abbiamo scritto dopo molto tempo, per meglio comprenderlo. “Lo scrittore non dovrebbe mai leggersi mentre si sente impegnato nell’atto dello scrivere. Piuttosto, se ne sente impellente il bisogno, è meglio che legga ad altri ciò che ha scritto”. E poi conclude: “La scrittura, insomma, vive di contatti, di scambi, è una vanitosa che ama specchiarsi per farsi ancora più bella, che non ha altro senso se non quello di comunicare e, nell’atto comunicativo, quello di riconoscere la sua identità, la sua esclusiva unicità”.

Non concordo in pieno. Quello che la scrittrice afferma è vero in parte, a mio avviso: la scrittura serve anche da sfogo, per meglio comprendere qualcosa che è accaduto o che pensiamo, e mettendolo sulla carta di nostro pugno riusciamo a mettere in ordine i pensieri e a capire e a capirci meglio. Spesso mi capita di comprendere qualcosa che scrivo durante uno sfogo, perché in quel momento ho bisogno di scriverlo. Poi lo rileggo e non mi ci ritrovo più, quasi non lo capisco più. Il momento è passato e non lo ritrovo, non lo sento più come il mio presente. Magari, come afferma la scrittrice, a distanza di tempo potrei ritrovarlo. Anche se il vero momento in cui sentivo di capire davvero quelle parole era mentre le scrivevo e subito dopo, in quello stesso stato d’animo. Punti di vista.

Poi arrivano le “Storie inventate di personaggi reali”. Questa parte, in particolare “Il nero e l’oro”, che parla di un mondo antico quasi reale, mi ha fatto pensare a “Gli abitanti di Dublino” di James Joyce.

L’ultima parte è “…E per finire… Un racconto scritto da me 37 anni fa”. È la tristissima storia di Eusina, “una povera pazza”, ma in fondo solo una persona che desiderava “libertà, amore e comprensione”. E l’autrice fa dire al protagonista: “desidero che la gente ami e comprenda le creature come Eusina, quelle stesse creature che, pur essendo il termometro della crudeltà umana, sanno dare forse di più di quanto siamo capaci di dare noi, presunti sani”. Concordo.

Un libro che comincia con racconti surreali e prosegue con storie realistiche, che descrive cammini interiori e in cui si trovano parole che scaldano il cuore.

Il giardino dell’anima

Ho letto su Facebook di un’incontro alla Biblioteca “Peppino Impastato” di Poggio Mirteto (RI) in cui si parlava di giardini interiori. L’incontro prendeva spunto dal libro “Di che giardino sei?” di Duccio Demetrio. Era pane per i miei denti. E sono andata. Ieri. In compagnia di mia madre. Non immaginavamo un così piacevole pomeriggio!   L’idea, nata dalla bibliotecaria Lauradaniela Tusa, è quella di fare una serie di incontri in primavera attraverso i quali ricostruire il giardino interiore legato all’infanzia di ognuno, per scrivere la propria autobiografia. L’ho trovato un progetto interessante. Soprattutto perché amo la scrittura a mano e userei carta e penna per raccontarmi. Sarebbe anche interessante avvicinarsi al giardino in senso letterale, mettendo effettivamente le mani nella terra. E io questo lo faccio già!

Ogni partecipante ha poi scelto una delle immagini di giardini disposte su un piccolo tavolo, tratte dal libro “Di che giardino sei?”: tutti quadri meravigliosi. Nel libro ognuna era legata a una descrizione che riguardava chi era andato a sceglierla. Tutte erano calzanti!  Vi dico soltanto che l’immagine scelta da me rappresentava una serra: un luogo in cui vengono selezionate e tenute a riposo svariate piante dalle origini più disparate. Mi ci sono rispecchiata immediatamente: la mia serra sono i miei libri scritti e da scrivere, in stallo, quasi in stampa, da correggere, da terminare, filastrocche, poesie, favole, racconti, romanzi, testi scritti a mano, sullo smartphone o con il portatile, favole, filastrocche, racconti, poesie! 

Spero davvero che questo progetto di una serie di incontri si realizzi, credo si rivelerebbe una bella esperienza umana e di scrittura. Ogni partecipante ha ricevuto un regalo molto carino: un quadernino rilegato con copertina in carta fatta a mano! A me ne è toccato uno rosa: delizioso! A crearli è stata Mariangela Pietraforte, e magari si farà anche un laboratorio guidato da lei per realizzare dei quaderni. Mi piacerebbe imparare a farli. Ebbene: è stato un bel pomeriggio, ricco di idee e spunti, e di due progetti che spero troveranno la luce.

Emma e le sue storie vere di donne

 Chi è Emma Fenu?

Emma è una Donna complessa, non complicata: forte e fragile, passionale e empatica, idealista e tollerante, profonda e infantile. Una creatura ricca di ossimori, che ogni minuto cresce, acquisisce esperienza e diventa un po’diversa, come un’eterna Alice.

La tua vita ha una caratteristica: non vivi sempre nello stesso posto…

Sì, sono nata e cresciuta ad Alghero, ma ho vissuto in Medio Oriente e, ora, a Copenhagen. È una scelta che nasce dalle esigenze lavorative di mio marito e che ha aspetti duri da digerire, ma regala l’opportunità meravigliosa di conoscere il mondo e di arricchirsi delle diversità, trovando punti di contatto perfino dove paiono improbabili.

Dov’è casa per te?

Una è la casa dell’infanzia e della memoria, ed è quella dei miei genitori. L’altra è itinerante, segue i miei percorsi ed è racchiusa nella mia anima. Dove sono io è “casa”, come se fossi una lumaca dal guscio in continua evoluzione.

Ti senti più una cittadina del mondo o una sarda doc?

Entrambe le definizioni sono calzanti! Ho un forte sentimento di identità ed appartenenza che mi lega alla mia terra, ancora più ora che ne sono distante, ma questo non esclude la voglia di conoscere, di condividere, di incuriosirsi, sentendosi parte pulsante di un mondo che ci comprende tutti e proprio nelle nostre differenze, che esulano da quelle prettamente geografiche, trae la sua bellezza. Bellezza a cui non posso che tendere, senza dimenticare le mie preziose origini.

Sei un’appassionata di lettura e letteratura, e possiamo trovarti in diversi luoghi del web…

Coltivo molteplici interessi, tuttavia la letteratura e l’iconografia occupano il primo posto: recensisco libri, intervisto scrittori, mi occupo di analisi letterarie e artistiche, stilo diari viaggio, sono tutor di un corso di scrittura creativa e amministro gruppi facebook a tema. Collaboro con Passione Lettura, Libreriamo, Gli scrittori della porta accanto, Letteratura al femminile, Cultura al Femminile e, saltuariamente, per Meme Cult e Cosebelle Magazine.

Questa estate hai presentato il tuo primo libro, “Vite di madri” (Echos Edizioni, 2015) ad Alghero, in Sardegna. Di cosa parla questo tuo primo lavoro? Hai in mente altre presentazioni?

  
“Vite di Madri. Storie di ordinaria anormalità” è un romanzo-inchiesta, nato da una ricerca sul campo durata due anni, nel corso della quale ho raccolto 151 storie vere di donne. Il libro ne annovera 12, da me rielaborate, affinché, attraverso esperienze drammatiche quali l’abbandono, la violenza, la depressione, l’infertilità, l’aborto e la malattia, il lettore potesse, infine, intravvedere la luce di queste guerriere che ce la hanno fatta, risorgendo dalle proprie macerie.

Evidenziando i lati più oscuri della maternità, che rifuggono gli stereotipi, ho voluto affermare che tutte possiamo essere sterili, se ci vengono sottratti diritti, e tutte possiamo essere madri, non solo di bambini, ma, autocitandomi, anche “di idee, di progetti, di sogni. Seni turgidi di Dee che accolgono amiche, sorelle, mariti, amanti. Madri delle proprie madri e perfino di se stesse.

Capaci di far germogliare speranza e abortire fantasie, di creare dal nulla e di nutrire di sé: totalmente imperfette e, per questo, così seducenti e difficili da decifrare”.

La prima presentazione ho voluto che fosse nella mia amata città natale, con l’intervento di Aldo Sari, titolare di cattedra di Storia dell’Arte presso l’Università di Sassari. Ma, in autunno e, in seguito, in primavera, sarò a Brescia, Pordenone, Torino, Roma (ben 4 volte), Bologna, Parma e Catania.

Alcuni saranno eventi dal tenore più tecnico, inseriti in un contesto medico e psicologico, altri avranno il pathos di una dimensione teatrale, altri la calda informalità di una chiacchierata.

Cos’è per te scrivere?

Scrivere è comunicare, in primis con se stessi, infine, con la pubblicazione, con gli altri. Scrivere è dare vita ad un libro affinché segua la propria strada e raggiunga i lettori, diventando libero, non più appendice dell’autore.

Dove e quando scrivi?

In qualunque “casa”, ossia dove la mia anima si sente al sicuro, e principalmente la notte, quando sono più creativa e il silenzio rende assordanti le voci dei miei protagonisti.

Hai in progetto di pubblicare altri libri?

Sì, ho ben tre progetti in fieri! Due, a quattro mani, dal tenore ironico e leggero che permette di esprimere la verità con intelligenza e di strappare al lettore un sorriso complice. Un terzo, invece, è più nel mio stile: è un romanzo di donne, di memorie, di misteri svelati e verità da ricercare nella propria storia, che non inizia con il primo vagito, ma va a ritroso, nel fluire delle generazioni.

Hai altro da voler condividere con i nostri lettori?

Vorrei ricordare che tutto il ricavato dei miei diritti d’autore di “Vite di Madri” andrà all’A.P.E. (Associazione progetto endometriosi) per sostenere la onlus che è stata vicina a me e mia madre, entrambe affette da tale patologia, e che, attraverso l’informazione e la ricerca, garantisce alle “figlie” un futuro sereno, privo di dolore e di problematiche legate alla fertilità.

 Grazie, Emma!

Grazie a te Elisa: è stato piacevole ed interessante rispondere alle tue domande. Ne sono onorata.

Pensieri su… “Un firmamento di stelle”

  

“Ho sempre pensato che la sensibilità sia sinonimo di coraggio. L’emotività rivela le sensazioni più vere, le mostra agli altri senza timore e coglie ogni sfumatura di vita. La comprensione degli stati d’animo è l’atto iniziale”.

L’ho letto. L’ho letto mentre stavo leggendo altri libri, quando pensavo che avrei aspettato di finirne almeno un altro. L’ho letto una mattina sul treno, perché la mia borsa era già piena e non c’entrava uno dei libri in lettura, quindi ho letto l’e-book che avevo salvato nello smartphone. L’ho letto perché ero curiosa. L’ho letto perché Rosaria era ancora più curiosa di me e mi aveva chiesto poco tempo prima del suo libro, ma ancora non avevo saputo dirle niente. Ve la ricordate, Rosaria, no? Ho fatto con lei una chiacchierata su questo blog di recente.

Premetto che non sono un’appassionata di poesia ma dopo questo libro ho cominciato a scrivere poesie sull’autunno… 

“Un firmamento di stelle” (flower-ed 2015) è una raccolta di poesie in formato e-book. È breve, troppo breve, perché quando finisci di leggerle ne vorresti ancora! Si tratta di poesie brevi ma che ti fanno riflettere ad ogni riga. Ogni frase, ogni concetto, mi faceva pensare alla mia vita, alle mie esperienze, a quello che io potevo condividere e non condividere di tutto quello che veniva detto. È come se Rosaria avesse aperto continue spaccature nella terra e da queste fosse riuscita a far uscire le mie emozioni e i miei ricordi come acqua che sgorga. All’inizio ho avuto come l’impressione di una nota di tristezza, poi il tono cambia e c’è speranza.

Nei versi di “Tramonto” mi sono trovata in disaccordo con il pensiero dell’autrice: il tramonto non mi fa smettere di sperare, è come l’autunno e per me è solo un’attesa di rinascita. La speranza per me non cessa con il tramonto. E così ho cominciato a riflettere, a pensare cosa sia per me la speranza, cosa sia per me il tramonto, quali colori e temperature abbia… E il miracolo di Rosaria era fatto: ecco un altro solco profondo nella terra del mio animo.

E poi è arrivata “Gli occhi dei bambini”: bellissima! La mia preferita! Ottimismo, positività, ricominciare a credere nelle emozioni. Io direi che con i bambini si ricomincia a credere nella vita! I loro occhi sono davvero luminosi come stelle, sempre, perché esprimono continuamente vere emozioni. 

Vi consiglio questa raccolta di poesie, di cuore, e complimenti a Rosaria che ha toccato il mio.

Pensieri su… “Lo scrittore fantasma”

 
Strana lettura… Due scrittori parlano, fa venire voglia di scrivere…

La copia usata di “Lo scrittore fantasma” di Philip Roth che ho acquistato in un mercatino è del 2002. Odora di fumo ma, dopo un po’ che stavo leggendo il libro e quindi sfogliando le pagine, quest’odore si è attenuato. Ora le pagine sanno di dolciastro; al centro del libro, avvicinando il naso, si sente ancora bene l’odore del fumo. Poi c’è un altro odore, forse l’odore di qualcuno.

Il protagonista è Nathan Zuckerman, che fa il suo ingresso nella letteratura in questo libro. Tutto si svolge dal pomeriggio alla mattina del giorno seguente. Due scrittori: uno affermato, E. I. Lonoff, l’altro in erba, il giovane Nathan. Entrambi ebrei. Lonoff, quello affermato, ha una relazione con la giovane Amy, che si trova a casa sua e passa lì quella notte. Ma Lonoff la respinge. La moglie Hope ne è ovviamente gelosa. La ragazza è una studentessa ebrea allieva di suo marito, che è stata aiutata da lui a venire in America dall’Inghilterra, dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Somiglia ad Anna Frank e in un’intero capitolo è verosimile pensare che possa essere proprio lei. Ma non è così. Lonoff tratta la moglie con superficialità, la trascura per la sua arte e la dà per scontata. Non sembra dare un reale peso alla sua gelosia. 

Nathan a tavola all’inizio si sente a disagio per aver tradito più volte la sua ragazza, vedendo la vita pacifica di Lonoff e sua moglie. Sembrano felici. Ma anche Lonoff ha i suoi segreti! E vengono presto svelati, con una violenta e improvvisa reazione della moglie che lo esorta a cacciarla e a sostituirla con Amy. 

Dopo la scenata tra le due donne in quella casa, Lonoff si affretta a inseguire sua moglie, che alla fine parte a piedi con la valigia, in mezzo alla neve, e lascia a Nathan l’uso della casa per permettergli di scrivere i suoi appunti; e afferma che un giorno sarebbe stato curioso di sapere come sarebbero venuti in una storia, dando per scontato che Nathan ne avrebbe tratto un racconto.

Digressioni. Si va dall’Olocausto e dall’ipotetico racconto di una Anna Frank sopravvissuta, ai problemi che ha Nathan con la sua famiglia a causa di un suo racconto con protagonisti di origine ebraica per niente apprezzato dalla sua famiglia. In quel racconto, i protagonisti apparirebbero avidi e ai genitori di Nathan, come al giudice Wapter (anche lui ebreo), questo racconto non va giù. Non vogliono che venga pubblicato. E questo divide Nathan da suo padre. 

Durante la lettura ho incontrato un brano che mi ha fatto ripensare a “Il profumo” di Süskind, quando il protagonista, Grenouille, si versa sopra tutta la bottiglietta del profumo da lui creato che fa “amare” la persona che lo porta. Ma non credo fosse “amore”, piuttosto “ammirazione”, “devozione” e “voglia di possesso”. Grenouille infatti viene fatto a pezzi e mangiato dalla gente che aveva intorno, perché portava troppo di quel profumo. Philip Roth racconta qualcosa di simile, quando Nathan Zuckerman racconta di una conferenza dello scrittore Abravanel:

“Ci furono dei momenti, durante la sua conferenza (questo accadde a Chicago, l’ultimo anno che vi passai) in cui Abravanel dovette fermarsi, dietro il leggio, apparentemente per non dire a caldo qualcosa che sarebbe stato troppo accattivante perché il pubblico potesse sopportarlo. E aveva ragione. Fosse stato un po’ più furbo, amabile e sornione, forse avremmo assaltato la tribuna e ce lo saremmo mangiato vivo”.

Sembra strano dirlo vista la trama semplice  e insolita ma questo libro è avvincente. Semplice, realistico nella sua singolarità e pieno di piccoli colpi di scena. L’ho letto con calma, in pochi giorni.

GdL – Nuove letture…

Si ricomincia con il gruppo di lettura! Purtroppo non ho potuto partecipare all’incontro di settembre, comunque ecco i titoli dei due libri scelti:

“La famiglia Karnowski” di Israel Joshua Singer e “Piccola enciclopedia delle ossessioni” di Francesco Recami. 

Non conosco né i titoli, né gli autori… quindi ne ordineranno uno per me a sorpresa! Sono curiosissima!