I “miei” libri su Papa Francesco

Finalmente ho potuto sfogliare le pagine di due libri che mi sono particolarmente cari! 

Uno è “Quel Bergoglio, questo Francesco – La biografia in cui parla in prima persona il Papa gesuita” (stampato da CreateSpace nel 2015). Si tratta della versione italiana della biografia di Papa Francesco dal titolo “Aquel Francisco” (Editorial Raíz de Dos, 2014), scritta dai giornalisti argentini Javier Cámara e Sebastián Pfaffen, a cui ho collaborato come revisore di stile.

L’altro è “Gli anni oscuri di Bergoglio – Una storia sorprendente” (Àncora Editrice 2016), riedizione della precedente traduzione italiana.

Lo so che non sono io l’autrice e non sono neanche la traduttrice ma vi assicuro che è stato un lavorone revisionare tutte le bozze in Italiano! Un lavoro che rifarei più che volentieri! Per me è stato un onore e un piacere lavorarci e devo questa possibilità al curatore della versione italiana Don Luis Escalante – argentino e parroco di Fara in Sabina (RI) – che ha pensato a me per la revisione di stile.

Ho potuto conoscere tante piccole e grandi cose poco note al grande pubblico sulla vita del nostro Papa: dalla scelta di diventare sacerdote, alle sue opere buone sconosciute ai più, fino a diventare Papa Francesco. Posso solo consigliarvi di leggere questa “storia sorprendente”, perché davvero merita.

Le Quadrobambole stanno per tornare!

Perché ferma non ci so stare! Una nuova casa editrice mi ha mandato una proposta editoriale e qualche giorno fa ho firmato il contratto! Ho inviato tutto il materiale e ora sto aspettando… Non vedo l’ora di incontrare questo nuovo amico di carta! Anche se ancora non so quanto tempo ci vorrà per la pubblicazione… Per ora vi dico solo che si tratta di un libro per bambini ma sono sicura che potrà essere apprezzato anche dagli adulti!

Le Quadrobambole stanno per tornare!

Vi terrò aggiornati!

Stay tuned!

Pensieri su… “Gli occhi neri di Susan”

 “Gli occhi neri di Susan” di Julia Heaberlin (Newton Compton Editori 2016).

Avrei tradotto diversamente il titolo originale “Black-Eyed Susans”: preferisco “Le Susan dagli occhi neri”.

Chiariamo: gli occhi sono marroni e i capelli castani, mentre un oggetto inanimato è marrone! Bisognerebbe farlo sapere anche al programma “Chi l’ha visto?”…

Tra passato e presente viene raccontata la vita di una Tessa adulta e madre, e di una Tessie ragazzina dopo che aveva subìto un rapimento ed era quasi morta.

In ogni capitolo si trova una notizia in più, una curiosità, uno spunto di riflessione, insomma qualcosa che ti spinge a girare pagina e a continuare con il capitolo successivo.

Belli i capitoli in cui viene rievocato il processo, sono incalzanti. 

Di seguito, qualche anticipazione…

Il finale è strano… La mia sensazione è stata che le spiegazioni arrivino di colpo e siano poche… All’improvviso ricompare Lydia, la ex migliore amica di Tessie! Io la credevo morta… Viene rivelato chi era il seria killer assassino delle Susan ma non vengono dati troppi dettagli… 

Perché l’assassino ha rapito Tessie? Perché, come in una sua visione o ricordo, lei aveva visto una delle ragazze rapite chiedere aiuto da un furgoncino? Perché crede che quella ragazza fosse più colpevole delle altre? Perché Tessie si trovava lì? 

Perché, il giorno che è scomparsa, Tessie non ha dato la barretta energetica al barbone, come faceva di solito quando si allenava per una gara? Cos’è successo esattamente il giorno in cui è stata rapita?

Cos’è successo a Tessie mentre era con l’assassino?

Perché Tessie non sopporta il burro di arachidi? E c’entra qualcosa con il suo rapimento? 

Perché in ospedale, quando si è svegliata dopo il coma, guardare un biglietto d’auguri con il disegno di un maiale le ha fatto perdere la vista?

Preferisco i gialli in cui tutti i dubbi vengono fugati, in cui tutte le domande trovano risposta.

Comunque bel libro, soprattutto la seconda parte divisa tra l’attesa dell’esecuzione di Terrell, uomo di colore considerato per anni il serial killer, e la testimonianza di Tessie al processo nel 1995.

La terza parte vola e spiega molte cose. Non riuscivo a smettere di leggere! Ci sono Tessa e Lydia e quest’ultima non è certo l’amica che ricordava la giovane Tessie…

Io avevo pensato che alcuni indizi ritrovati fossero la prova che Lydia era morta e che li avesse lasciati proprio Tessa, senza ricordarsene… Ma non è così. E il serial killer? C’erano varie possibilità: il nonno di Tessa, il padre di Lydia e Terrell, l’uomo nel braccio della morte… Una sorpresa.

C’è comunque un epilogo che saluta tutti e ricompone un po’ le storie.

Ho adorato il personaggio di Effie: la vicina di casa anziana e dolce, che prepara pietanze improbabili. Una donna che comincia a perdere colpi e dimentica un libro in frigorifero, all’inizio abbandonata dalla figlia, ma che trova però il suo lieto fine.

Ma ancora mi chiedo: perché Tessa odia la crema di arachidi?

Pensieri su… “Lo strano caso dell’orso ucciso nel bosco”

 Un giallo avvincente, intrigante, il ritmo è cadenzato come per una camminata in montagna. Infatti è tra Valdiluce e Valnera che si svolge l’indagine dell’ispettore Marzio Santoni contenuta nel libro “Lo strano caso dell’orso ucciso nel bosco” di Franco Matteucci (Newton Compton Editori). In libreria dal 17 marzo 2016.

Visto che si tratta di una femmina di orso, forse nel titolo si sarebbe dovuto scrivere “dell’orsa uccisa”.

Si poteva evitare l’errore ripetuto “almeno che” invece di “a meno che”. “Tutti avevano con sé” è errato, si dice “tutti avevano con loro”, e anche in seguito vengono confusi “sé” e “loro”. Quelli degli animali non sono “cadaveri” ma “carcasse”. “Ah, saperlo”, invece di “a saperlo”. Qualche errore di battitura.

L’odore delle pagine è ottimo: leggermente pungente, come se racchiudesse una punta di limone.

Di seguito, qualche anticipazione sulla trama.

L’inizio è di una tristezza infinita: un’orsa viene trovata avvelenata in un bosco e a poca distanza sono morti per la stessa causa anche i suoi tre cuccioli. L’ispettore Marzio Santoni, detto Lupo Bianco, indaga.

Incredibile! Gli orsi scrivono! Lasciano messaggi sui tronchi per indicare, ad esempio, pericoli o presenza di cibo. Gli animali non smettono mai di stupirci!

L’ispettore Santoni ha l’abitudine di cenare con un bicchiere di latte caldo insieme a pane, burro e marmellata di mirtilli. A me ha fatto venire fame! E così, nel corso della lettura, ho fatto una merenda ispirata alla cena di Lupo Bianco: tisana al miele, limone e zenzero, accompagnata da fette biscottate spalmate di burro e crema di marroni! Finora solo Dickens e “Lo Hobbit” di Tolkien mi avevano fatto venire fame.

I nomi dei luoghi sembrano quelli di una favola; sono teneri e ispirati all persona che li porta i nomignoli che gli abitanti di Valdiluce si danno tra loro, come il boscaiolo detto “Gnomo” che è vestito come tale. 

La montagna è al centro di tutto: un luogo magico di notte e di giorno, soprattutto con la neve. Panorami mozzafiato, un lupo che compare all’improvviso e un albero gigantesco accanto a una magica fonte che si dice allunghi la vita.

E poi una inaspettata sorpresa: la dottoressa Guardì, una veterinaria, lascia a Lupo per qualche giorno il suo animale… Di che animale si tratta? Non ci penso proprio a rovinarvi la sorpresa! E sarà anche in buona compagnia, visto che di animali particolari ne tiene in casa alcuni anche l’ispettore Santoni. Però la dottoressa lo batte!

Intanto avvengono altre morti. Andando avanti nella lettura, la storia prende il via e il passo diventa più svelto: la curiosità impedisce di lasciare le pagine! Colpi di scena e indizi mi hanno incollata al libro.

Un piccolo universo montano che vive della magia della montagna, dei suoi odori, dei suoi sapori, è la montagna a scandire la vita di tutti… E saranno proprio gli elfi, involontariamente, ad aver scatenato tutto…

Pensieri su… “Un secondo lungo una vita”

 “Un secondo lungo una vita” (Youcanprint 2015), romanzo d’esordio di Lisa Molaro, disponibile sia in cartaceo che in e-book. L’ho letto in formato e-book.

Scorrevole, si legge che è un piacere. Ho fatto fatica a capire dove mi trovassi all’inizio e cosa stesse succedendo. Non viene presentata la protagonista, Beatrice, una giovane donna, ma si entra subito in un racconto in prima persona. Poi lentamente ci si addentra nella storia. (Di seguito farò qualche anticipazione sulla trama). Si conoscono i fantastici nonni della ragazza, poi arriva una terribile notizia che sembrava nell’aria: il suo fidanzato è morto in un incidente stradale. E allora entra in gioco anche la meravigliosa famiglia di Bea. 

Un testo prevalentemente introspettivo, che lascia esprimere alla protagonista tutte le sue impressioni e sensazioni. Pochi i momenti in cui ci sono degli avvenimenti concreti. Tutto si concentra intorno alla protagonista. Ma a parlare non è soltanto lei: in corsivo si esprime in prima persona anche il suo fidanzato, che ormai non c’è più ma la vede e vorrebbe poter interagire con lei, e che offre qualche digressione relativa alla loro storia d’amore e al carattere allegro di Beatrice, prima della tragedia. Alla fine del libro parla brevemente in prima persona anche il fratello della protagonista.

Bellissima la biblioteca che si trova in casa della ragazza, in cui non arriva la luce elettrica e dove si possono al massimo accendere innumerevoli candele.

Aneddoti e ricordi che sembrano reali, e qualcuno, si legge alla fine del libro, è ispirato alla realtà. Qualche errore di battitura.

Lisa Molaro si era offerta di leggere il mio libro “Viola su carta – Saggio sulla scrittura a mano e non solo”, perché come me ama la scrittura a mano. Sono stata molto felice di sapere che il mio libro le sia piaciuto. Anche a me è piaciuto il suo!

Pensieri su… “Maionese, ketchup o latte di soia”

 “Maionese, ketchup o latte di soia” (Camelozampa 2016) di Gaia Guasti (traduzione da francese di Silvia Rogai) è il nuovo romanzo della collana di narrativa per ragazzi Gli Arcobaleni. L’età consigliata per la lettura è dai dieci anni in poi. Ho avuto l’onore e il piacere di leggere anche questo libro in anteprima!

Un romanzo che si legge in un giorno: veloce, ricco di spunti su temi importanti sia per i bambini che per gli adulti.

Il bullismo primo fra tutti è un tema che fa discutere grandi e piccoli. E i bambini non dovrebbero tenersi per sé questo problema, sia nel caso di un bullismo verbale, sia nel caso di attacco fisico. E gli adulti, quindi soprattutto i genitori e i professori, dovrebbero affrontare subito il problema e risolverlo. Senza liquidare la questone come litigi e incomprensioni tra ragazzi. Andare a scuola con la paura che qualcuno possa ridicolizzarci o farci del male non è normale e non deve passare come un fatto comune.

L’alimentazione è un altro tema importante del libro: ci sono svariati modi di alimentarsi. Conoscerli ed eventualmente adottarli è una scelta personale. Anche se credo che dei ragazzi di dodici anni dovrebbero farsi seguire da un esperto nella loro scelta di essere vegetariani, visto che si trovano ancora nel periodo della crescita. Allo stesso modo, non bisognerebbe abusare di merendine, cioccolato e grassi di vario genere. In medio stat virtus.

Un libro che farà nascere nei giovani lettori tante domande. Sarà un’ottima occasione per affrontare temi importanti a casa. Una lettura interessante anche per gli adulti: semplice ma ricca di contenuti che possono essere approfonditi anche a scuola. Questo libro dà una serie di input. E ci ricorda quanto sia importante accettare gli altri per quello che sono, senza volerli per forza uguali a noi. Perché ognuno ha le sue qualità e la ricchezza dell’umanità è nella diversità, se positiva.

E poi l’amicizia alle scuole medie, quando non si è più bambini ma non ancora adolescenti, è un dono prezioso. Un dono che a volte conserviamo per il resto della vita.

Un libro leggero, scorrevole. Sta a noi tirarne fuori i vari temi e sviscerarli.

A un certo punto della storia vivrete in una favola… Perché la fantasia non ha limiti!

Sorriderete quando scoprirete a cosa si riferiscono il ketchup e la maionese del titolo!

Dal 4 marzo in libreria!
  La trama:

Integrarsi non è mai semplice a 12 anni, ma è ancora più complicato se assomigli a Mercoledì Addams, tuo padre di lavoro fa il guru e mangi solo cibi salutari e vegani. Appena arrivata nella nuova classe, Élianor è subito presa di mira per il suo odore, diverso da quello degli altri ragazzi. Eppure due stili di vita opposti entrano in contatto e un’insolita amicizia nasce tra Élianor e Noah: così lontani all’apparenza, ma uniti da una simpatia istintiva e dalla segreta solitudine che entrambi si portano dentro.

“Gli scienziati li chiamano feromoni.

Ci avviciniamo a qualcuno e, oplà, le nuvolette si incontrano. A volte si scatenano tempeste, altre il cielo si riempie di soffici nubi bianche. Ci parliamo così, con il corpo, senza saperlo. Ci raccontiamo chi siamo. Andiamo subito d’accordo o proviamo subito antipatia.

Cosa mangia Élianor?

Perché conosco il suo odore?

Che cosa mi racconta la sua nuvoletta quando le vado vicino?”

Spiritoso e commovente, Maionese, ketchup o latte di soia è un romanzo percorso da un originale filo conduttore “olfattivo”. È l’odore “diverso” di Élianor (dovuto alla diversità della sua alimentazione) a diventare il pretesto per le angherie da parte dei bulli della classe. È con gli odori di ciascuno di noi, i feromoni, che Noah si spiega la simpatia irresistibile che da subito lo spinge verso la nuova compagna. E sarà anche il ricordo di un profumo di tanti anni fa, portato con sé da Élianor, a trasformare profondamente il bulletto che perseguita i due protagonisti.

Un romanzo delizioso, che tocca con spirito e leggerezza temi importanti come l’alimentazione e gli stili di vita, la scuola e il bullismo, l’incontro con il diverso e la tolleranza, il superamento del lutto, l’amicizia.

Pensieri su… “Segreto di famiglia”

 Letto in pochi giorni “Segreto di famiglia”, romanzo d’esordio di Mikaela Bley (Newton Compton Editori 2016).

Quando sono entrata a far parte del “Club dei lettori” di Newton Compton Editori (persone che ricevono alcuni libri in anteprima in base ai loro gusti letterari) ho scelto di ricevere libri horror, thriller e gialli. “Segreto di famiglia” è il romanzo d’esordio di Mikaela Bley, un thriller, ma sembra che le avventure della protagonista, la giornalista Ellen Tamm, potrebbero diventare una serie! Io lo spero!

Ellen è una giornalista televisiva che vive a Stoccolma. È intraprendente, intelligente e come spesso accade ai giornalisti mangia poco e male. La pioggia, il mare e il freddo sono una costante in questo romanzo ambientato in Svezia.

La scomparsa di una bambina, Lycke, scuote tutta la città, soprattutto Ellen, che ha vissuto una storia simile. E mentre cerca di risolvere il caso e fare al meglio il proprio lavoro (senza comportarsi da avvoltoio ma cercando notizie nel rispetto di tutti), Ellen deve anche mantenere rapporti professionali con il nuovo capo, suo ex fidanzato. Ebbene sì, sono di parte essendo giornalista, ma il modo di trattare la cronaca nera che usa Ellen mi piace: non va mai fuori dalle righe, non esagera facendo domande inopportune, si limita al suo difficile lavoro comprendendo lo stato d’animo di chi è coinvolto suo malgrado nella cronaca nera. Però va fuori dagli schemi, non segue la pista della polizia, il suo istinto la guida e…

Non voglio anticiparvi niente. Vi dico solo che il ritmo di questo thriller è incalzante ma non da mal di testa, intrigante quanto basta a far girare la pagina successiva. Non ci sono momenti morti, la storia avanza continuamente mostrando il punto di vista di tutte le persone principalmente coinvolte, oltre a quello di Ellen: la mamma Helena, Chloé la seconda moglie e la tata Mona. Non ci sono capitoli in cui parla in prima persona il papà della bambina, Harald, ma anche le sue azioni vengono seguite da vicino. Arrivano di continuo piccoli dettagli che incuriosiscono il lettore, fino a fondersi nella risoluzione finale. E di segreto da scoprire ce n’è più di uno… Non vi stancherete di leggere questa storia triste che fa riflettere, scritta con garbo e in punta di dita, toccando temi tragici e momenti difficili che possono attraversare la vita di tutti.

L’odore di questa carta è fantastico!

In libreria dal 3 marzo!

Pensieri su… “Scomparsa nel nulla”

 “Scomparsa nel nulla” di Amalia Santiangeli (flower-ed 2014). 

Un libro particolare, che parte come un romanzo d’amore. Una donna, Barbara, ha un fidanzato che non si decide a lasciare. Poi trova l’amore e si crea una famiglia ma durante una vacanza in Grecia la sua vita cambia radicalmente: Barbara viene rapita. Non vi darò troppi dettagli, perché vi rovinerei la sorpresa. Di seguito però troverete qualche piccola anticipazione…

La vita di questa donna cambierà completamente, mentre lei e Azad, uomo appena incontrato che si innamora di lei, dovranno trovare un modo per salvare la vita di Barbara. Ho trovato però poco credibile il fatto che Azad, da nemico votato a una causa, metterà da parte i suoi ideali e la sua vita per una donna appena conosciuta che ha due figli ed è innamorata di suo marito… Anche se poi nella vita tutto è possibile e spesso la realtà supera la fantasia…

Mi sono chiesta più volte: al posto di Barbara, sarei riuscita a rimanere lontana per sedici anni dalla mia famiglia? Senza mai provare a scappare e tornare da loro?

Non è un libro dal ritmo incalzante ma una storia triste in cui si spera continuamente per la protagonista un lieto fine che sembra allontanarsi sempre di più. E ad ogni pagina si sogna una svolta positiva che possa riportare Barbara a casa, anche se questo spezzerebbe il cuore ad Azad… Almeno, io ho vissuto così queste pagine.

Il romanzo contiene due poesie, anche queste di Amalia Santiangeli.

Personalmente, avrei dato più dettagli nel finale mentre si svolgeva la storia, senza affidarli ad un successivo epilogo.

Qualche piccolo errore di battitura.

Nel libro si palesa la profonda fede cattolica dell’autrice, che più volte parla di Dio in questo romanzo. Ed è proprio in una chiesa che la vicenda si conclude.

Un libro che lascia il lettore con la sensazione che tutto è possibile se ci crediamo veramente, sappiamo aspettare e ci affidiamo a Dio.

Pensieri su… “Musica dalla spiaggia del paradiso”

 “Musica dalla spiaggia del paradiso” di John Ajvide Lindqvist (Marsilio 2015).

Quando sono andata a cercare questo libro in libreria ce n’era una sola copia. Degli altri libri di Lindqvist si stanno perdendo le tracce. Per ora, oltre a “Musica dalla spiaggia del paradiso”, ho letto solo “Lasciami entrare” e vorrei leggere anche gli altri suoi romanzi. Un commesso mi ha detto che se un libro non viene richiesto poi viene tolto dagli scaffali. Prima trovavo quasi tutti i romanzi di Lindqvist in libreria, ora sono spariti.

Che dire di “Musica dalla spiaggia del paradiso”? Bello e assurdo, quasi totalmente incomprensibile capire cosa accada ai protagonisti e perché. Ogni tanto qualcosina sembra svelarsi ma in realtà si continua a non capirci niente. Perché dieci persone, un cane e un gatto dovrebbero essere trasportati in una sorta di mondo parallelo formato da un prato verde e un cielo illuminato senza sole? 

Di seguito un po’ di anticipazioni. Perché alcuni esseri bianchi camminano avanti e indietro su una linea retta e bevono sangue? Perché alcuni dei protagonisti li avevano visti in passato o avevano avuto strane visioni nel corso della loro vita? Perché perpendicolare a quella traiettoria in cui quegli esseri camminano arriva una pioggia bruciante preceduta da esseri carbonizzati? 

Non c’è una ragione per niente di quello che succede. Sono riuscita solo a capire come si conclude il tutto. Dunque, la famiglia del piccolo Emil si salva, perché lui in qualche modo ha capito che quello è un mondo parallelo e se ne può uscire. Tristissima la fine che si preannuncia sotto la pioggia che brucia per Lennart, Olof e i due animali, il cane Benny e la gatta Maud. Donald diventa il nuovo custode di quel mondo oscuro che porta nella sua roulotte. Sua moglie Majvor si trasforma in una delle figure bianche che camminano, o almeno così credo di aver capito. La piccola Molly lo era già, almeno in parte, e lo diventa del tutto. Sua madre entra a far parte del gruppo delle figure bruciate, mentre suo padre resta immerso nel buio che circonda il prato verde. Niente ha senso.

Solo un’affermazione non accetto: che in quel posto non ci sia Dio. Dio è ovunque.

Avvincente, sembra la sceneggiatura di un film. Qualche errore poteva essere corretto prima della stampa, come le parole “a la” che sono francesi e non italiane oppure “dà un tiro”, con la sigaretta si “fa un tiro”. 

È un bel romanzo, scritto molto bene. Solo vorrei fare allo scrittore tante domande sulla natura di quel mondo; sul perché alcuni protagonisti avessero avuto delle visioni nel loro passato; sul perché qualcuno di loro vedesse le figure come erano realmente, cioè bianche, oppure nelle sembianze di qualcuno che lo aveva spaventato o ancora come un famoso attore che amava. Perché qualcuno doveva spaventarsi nel vedere quegli esseri mentre altri no? Cosa succede alla piccola Molly quando viene abbandonata nel tunnel dalla madre? Bello ogni pezzo del racconto che fa parlare in prima persona ognuno dei protagonisti, anche il cane Benny; ma perché la gatta Maud è l’unica che non ha voce?

Avvicinare questo autore a Stephen King? Un po’. Il celebre “It” anche se terrificante, è ricco di digressioni sulla storia dei protagonisti e di riflessioni ma devo dire che proprio per questo risulta un po’ pesante. Invece “Musica dalla spiaggia del paradiso” contiene, sì, il passato e le riflessioni dei protagonisti, ma senza esagerare e non stanca mai.