Pensieri su… “La felicità arriva quando scegli di cambiare vita”

“La felicità arriva quando scegli di cambiare vita” (Garzanti, gennaio 2018) di Raphaëlle Giordano mi è arrivato in versione Pdf. Di solito preferisco il cartaceo ma questo libro mi ha fatto superare lo scoglio grazie alla sua scorrevolezza e all’interesse suscitato dai suoi argomenti. Grazie a Garzanti per l’invio! Ho scoperto così l’iper-arroganza maschile acuta.

Pensavo che questo fosse desse consigli e dispensasse teorie, invece è scritto sotto forma di romanzo e porta dunque degli esempi di comportamento attraverso i personaggi: ottima idea!

Romane, protagonista e creatrice a Parigi dell’Accademia del Sorriso, luogo in cui liberarsi dall’iper-arroganza maschile acuta, è dolce ma decisa. Durante l’ultimo corso che terrà succederanno tante cose… Tra i partecipanti c’è anche Maximilen, un uomo tanto arrogante quanto affascinante, che non ha nessuna intenzione di cambiare…

Piccolo spoiler: Julie è la sorella di Maximilien! Credevo fosse una delle sue fidanzate…

È un po’ come se anche il lettore seguisse questo corso e lavorasse su se stesso, perché in fondo siamo tutti un po’ malati di iper-arroganza maschile acuta…

Un momento interessante riguarda l’acqua: inviamole pensieri positivi, non ci arrabbiamo, e i cristalli che la compongono saranno più belli. E noi siamo fatti per la maggior parte di acqua!

Si parla poi del potere misconosciuto della gentilezza e della benevolenza. Già.

Prima di tutto bisogna prendersi cura di se stessi. Questo concetto mi ha ricordato che in uno degli episodi della serie televisiva su Poirot con David Suchet, il protagonista dice a Hastings: “Mai lasciarsi andare”. Dopo essersi presi cura di se stessi ci si può occupare di qualcun altro, anche di una pianta o un animale, e questo serve come antidoto per non ricadere nell’iper-arroganza. Si consiglia anche di coltivare la propria auto affermazione: più si ha fiducia in se stessi, meno l’iper-arroganza può colpire.

Affinare l’intelligenza emotiva è come avere un settimo senso.

Ho scoperto il profondo significato delle famose tre scimmiette che si coprono rispettivamente occhi, bocca e orecchie: “Non guardare ciò che è contrario al bene; non ascoltare ciò che è contrario al bene; non dire ciò che è contrario al bene; non fare nulla che sia contrario al bene”.

Gli smartphone ci lasciano in perenne connessione e in un perenne stato di vigilanza. Stiamo sempre ad aspettare qualcosa. Da una parte è positivo poter contattare sempre tutti ma dall’altro è piuttosto stressante…

“L’adulto insegna al bambino a non temere la notte e il bambino insegna all’adulto a non temere il giorno”.

Nella storia che si svolge tra un insegnamento e l’altro poteva mancare il colpo di scena finale!

Alla fine del libro c’è un piccolo vademecum anti-arroganza.

Una lettura che fa ridere, sorridere e riflettere su se stessi.

Polpettine con mais


 Il nostro Ratatouille romano stavolta si è proprio superato! Provate questa ricetta semplice e molto gustosa!

Per tre persone

Tempo: 1 ora

Difficoltà: facile

Ingredienti:

Macinato di tacchino​​ gr. 300

Mais in scatola​​​ gr. 300

Un uovo

Fette biscottate integrali​ 5

Paprica​​​​ Due cucchiaini rasi

Prezzemolo​​​ Mezzo cucchiaio

Olio​​​​ q.b.

Sale​​​​ q.b.

Preparazione:

Con un frullatore tritare finemente le fette biscottate integrali e metterle in una ciotola adeguata.

Tritare il macinato di tacchino e metà del mais in scatola con il frullatore ovvero con un omogeneizzatore, aggiungendo il prezzemolo e un cucchiaino di sale.

Con la pasta ottenuta formare delle polpettine non molto grandi.

Imburrare una teglia e porvi le polpettine che andranno in forno a 180°.

Sbattere l’uovo aggiungendo la paprica e un pizzico di sale.

Quando le polpettine avranno raggiunto consistenza estrarle dal forno.

Imburrare di nuovo leggermente la teglia mettendo le polpettine in un vassoio adeguato.

Passare le polpettine nell’uovo, impanarle nel frullato di fette biscottate e rimetterle nella teglia imburrata.

Infornare di nuovo a 180° girandole una sola volta. Far cuocere in modo che risultino morbide e croccanti.

A metà cottura si può versare poco olio sulle polpettine per non farle seccare troppo.

La preparazione è terminata.


A piacere si possono inserire in un ragù di carne bianca da pollaio preparato prima, insaporendole per qualche minuto a fuoco basso.

Per contorno è molto indicata verdura cotta, ovvero patate lessate o in purè. 

Al vostro appetito una buona soddisfazione.

Pensieri su… “La ragazza scomparsa”

“La ragazza scomparsa”, thriller uscito ad agosto 2017, mi è stato inviato per il “Club dei lettori” della Newton Compton. È il nuovo lavoro di Angela Marson e della stessa autrice ho apprezzato “Il gioco del male”. Una lettura scorrevole, avvincente e veloce che a piccoli passi conduce il lettore, indizio dopo indizio, ricerca dopo ricerca, verso la conclusione di un caso. La protagonista è sempre lei: la detective Kim Stone. Stavolta sono scomparse due bambine e altre due erano sparite circa un anno prima: delle due precedenti bambine solo una è tornata a casa. Ma i due casi sono collegati? A indagare è il detective Stone che si muoverà verso la verità affiancata dalla sua squadra. Bellissima l’amicizia tra Kim e Bryant: nonostante sia un suo sottoposto, non ha mai paura di dirle apertamente quando sbaglia. E, da amico, la aiuta anche quando lei non vorrebbe o non crede di averne bisogno. Ci saranno anche altre figure a supportare il lavoro di Kim e cercare di risolvere il caso. E uno di loro, che ha in qualche modo legato con la protagonista, non escluderei che possa ricomparire nel prossimo libro, o almeno ci spero… Chissà…

Un romanzo interessante anche per i vari spunti che offre quando si cerca di fare un identikit dei rapitori. Quanti sono?

Uno dei due rapitori è un ex militare che risente dell’esperienza vissuta in guerra. Per poter affrontare il nemico e non mostrare quella pietà che potrebbe costargli la vita in guerra, gli è stato insegnato a odiare. Ma l’uomo ha rispiegato questo odio nella vita reale, come potrebbe accadere ai soldati quando tornano alla vita di tutti i giorni e gli si dice che quell’odio era sbagliato. Questo concetto è spiegato molto bene a pag. 216 e pag. 217. È una teoria interessante e credo, purtroppo, in alcuni casi vera.

Una domanda: ma perché i giornalisti sono sempre figure negative nei romanzi? Tracy Frost insegue la notizia a ogni costo, anche se questo significa mettere a rischio la vita di due bambine, visto che è stato imposto il silenzio stampa… La giornalista si ferma ma poi minaccia di scrivere comunque il suo articolo. È una figura che all’inizio del libro appare negativa (perché con un articolo avrebbe svelato che un ragazzo appartenente a una gang non era morto e qualcuno è andato a ucciderlo), poi sembra riabilitarsi, ma alla fine insegue sempre la notizia, costi quel che costi. Ma perché i giornalisti vengono sempre visti così male?

Nei ringraziamenti, a pag. 379, l’autrice spiega da dove è partito tutto: dal modo in cui gli eventi possono influenzare il nostro comportamento. Come ci comportiamo davanti a un evento inaspettato e se ci ritroviamo fortemente sotto pressione? Da qui l’idea di cominciare dal più forte istinto di protezione: quello verso i bambini. Una tema delicato per una trama trattata con altrettanta delicatezza e senza lasciare l’amaro in bocca.

“Ci penso io a nasconderti!” disse la solitudine all’invidia

“Invidioso?”
“No, solo!”.

È proprio così: la solitudine porta altra solitudine. Se è vero che piove sempre sul bagnato e che i soldi vanno dove stanno i soldi, è altrettanto vero che la solitudine porta altra solitudine. Anche se il termine usato in questo caso è improprio.

Qui si parla di quella solitudine che significa sentirsi da soli anche in mezzo alla gente, che porta una persona a sentirsi sempre “diversa” e per qualche ragione migliore. Quel tipo di solitudine che significa invidia e odio verso il prossimo, che si finge di amare quando invece lo si colpevolizza delle proprie mancanze. Quella solitudine che porta un soggetto triste e insoddisfatto di sé a isolarsi e fingersi vittima della società, quando invece è finta vittima di se stesso. Insomma, quella solitudine che è più che altro lo stato mentale di qualcuno che si sente superiore agli altri ma non ottiene più di loro e per questo fa l’incompreso, e dice di essere maltrattato. Quella solitudine che serve soltanto a mascherare di ipersensibilità e sofferenza un individuo pronto ad attaccare.

Se una persona è “sola” in questo senso, tende a rinfacciare al mondo intero la propria “solitudine”, la mancanza di attenzioni da parte degli altri, creando intorno a sé terra bruciata. Così avrà anche le “prove” della cattiveria del mondo nei suoi confronti. Ma tanto le attenzioni degli altri non basteranno mai.

La soluzione per uscire da questa cosiddetta “solitudine” potrebbe essere cominciare a guardare il mondo con benevolenza. Ma chi si sente così “solo” lo farebbe mai?

Però c’è anche di peggio. Qualcuno che nasconde la propria invidia dietro a orde di amici: tanti amici, tanta spensieratezza e una felicità perennemente palesata. Sono fintamente detti “amici” tutti coloro che vengono per qualche ragione considerati “inferiori” e l’invidia colpisce apertamente solo chi è per qualche ragione palesemente migliore. Si sfoga così su un’unica persona quell’invidia latente che il soggetto prova quasi senza rendersene conto verso tutti ma reprime costantemente. Si tratta di insospettabili, persone che nascondono dietro alle frequenti risate e alle amicizie ostentate la propria personale insoddisfazione.

Una persona del genere non chiede consigli, ne dà; non si isola ma si butta in mezzo alla gente; non mette sugli altri il peso dell’invidia che porta, si carica dei problemi altrui per fingere di volerli risolvere. Ma il suo castello crolla quando una persona che si dimostra obbiettivamente migliore incrocia il suo cammino: allora sfoga solo su quella tutto il suo odio, scaturito dall’invidia. Un’invidia che velatamente nutre nei confronti di tutti a causa del proprio sentimento di inadeguatezza, della propria insoddisfazione personale. Un’invidia che si riversa su chi palesemente è migliore.

Forse la soluzione in entrambi i casi sarebbe farsi passare l’invidia. Arduo. Forse un colpo di fortuna nella vita di un individuo che rispecchia queste caratteristiche potrebbe trasformarlo in qualcuno che elargisce parole di conforto dall’alto della sua superiorità. Finché non incontrerà qualcuno che ha quello che lui scoprirà improvvisamente di volere.

Siamo tutti opinionisti

Siamo tutti opinionisti. Trasmissioni in tv che ci mostrano gli ultimi opinionisti italiani. Stessa cosa alla radio. E poi c’è internet: siti e blog in cui chiunque può commentare e prendere parte a una discussione. Ma non finisce qui: ci sono i social network.

Tutto fa leva sulla nostra voglia di “esserci” in qualche modo, di dire la nostra ed essere ascoltati da un vasto pubblico di conoscenti e sconosciuti. Sembra sempre che tutti sappiano cosa dire e abbiano una teoria su tutto: politica, etica, cucina, sport. Siamo tutti opinionisti. E a volte ci sentiamo più “vivi” commentando una frase su facebook che chiacchierando di persona. Errore.

Eterno adolescente

E così un bel giorno ti svegli e ti rendi conto di essere diventato grande. Ti guardi allo specchio e il tuo abbigliamento è quello di un adulto. Poi osservi i tuoi coetanei e li vedi cambiati: anche loro come te sono ormai adulti. Ti sembra che tutto il tuo mondo sia cambiato. Ma in alcuni adulti è cambiato soltanto l’aspetto. Una bella giacca, un rossetto costoso o un lavoro importante sono soltanto la facciata. Cosa c’è poi veramente dentro una persona? È maturata nel corso della sua vita?

Si dice che chi resta in silenzio sia un saggio o uno stolto; è aprendo bocca che ne darà prova. Alcuni di noi crescono solo nell’aspetto. La vita non gli ha insegnato niente, nonostante tutti i suoi sforzi. Il cuore non è rimasto innocente e bambino, e la mente non è diventata adulta: lo stadio di adolescente ha preso il sopravvento. La voce di chi è rimasto adolescente nel cuore e nella mente insulta con rabbia, critica senza ragione e prende in giro a oltranza.

I “buoni” di Facebook

Non so se vi è mai capitato di trovare qualcuno che su Facebook non fa altro che postare immagini con scritte frasi fatte, tipo: “Un pensiero per chi lotta contro il cancro”, “Oggi è la giornata mondiale di…”, “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”, “Ti criticano, perché ti invidiano”, e simili. Insomma, quelle frasi che chiunque potrebbe condividere e che sono raccoglitori di facili “mi piace”. Oppure postano frasi altrettanto generiche e condivisibili, tipo: “Io non mi lascerò abbattere dalla vita!”. E tutti a chiedere: “Che ti è successo?”. E il soggetto in questione risponde cose come: “No, niente, poi vi spiego. È che quando ci vuole, ci vuole!”. Non sopporto questo modo di fare che mira soltanto ad ottenere facili consensi e commenti preoccupati di chi ancora crede che davvero la persona che ha scritto quella frase generica su Fecebook abbia realmente un problema!

Nel mio post “Dai belli ai lettori, ecco le 12 tribù che popolano i social network” nel mio blog “Mare d’Inchiostro” del sito “Libreriamo”, ho inserito questo tipo di persone nella categoria “I filosofi”. Ora mi è venuto in mente di chiamarli anche “I buoni”. Sì, perché loro non criticano mai, non invidiano mai, si battono sempre per le giuste cause (basta una condivisione su Facebook per lottare contro i mali del mondo) e sono perfetti e buoni, tanto buoni da doversi difendere su Facebook con dei post rivolti chissà a chi e chissà perché! E nient’altro che ovvietà compaiono sulla loro bacheca! Quasi niente che provenga dal loro cervello! Per la maggior parte sono scopiazzature di frasi fatte oppure reazioni nervose scritte da loro, lunghe al massimo tre righe, contro ignoti! Ignoti cattivi, ovviamente, mentre loro che sono i buoni devono sempre sopportare!

E l’incredibile è che spesso è proprio questa la gente peggiore: quella che predica bene e razzola male!

Ma mi faccia il piacere!

Tortini di polenta con salmone

Nuova delizia del nostro Ratatouille romano! Assolutamente da provare!
 

Per quattro persone

Difficoltà: medio bassa

Tempo: 1 ora

 

Ingredienti per il tortino:

Farina di polenta​​ gr.250

Filetto di salmone (o trancio)​ gr.150

Uova​​​​ 4

Paprica​​​​ 2 cucchiaini

Prezzemolo ​​​q.b.

 

Ingredienti per la salsa:

Ravanelli ​​​15

Carota​​​​ 1

Asparagi​​​ 30

Passata di pomodoro​​ 2 bicchieri

Pomodori rossi​​​ 3

Aglio in polvere ​​​1 cucchiaino

Zucchero​​​ 1 cucchiaio

Sale​​​​ q.b.

Olio E.V.O​​​ q.b.

Burro​​​​ q.b.

Parmigiano grattugiato ​​q.b.

 

Preparazione

In padella cuocere a mezza cottura in poco olio quattro pezzi di salmone un poco più piccoli degli anelli di acciaio (vedi misure più sotto).

Nel modo consueto cuocere la polenta aggiungendo quanto basta di sale e la paprica.

Porre in una teglia adeguata imburrata quattro anelli da cucina in acciaio di diametro cm 10 e altezza cm 6 imburrati internamente.

Colare la polenta ancora caldissima negli anelli per un terzo dell’altezza.

Porre i quattro pezzi di salmone negli anelli e continuare a colare la polenta fino ad un centimetro e mezzo dalla loro altezza coprendo interamente i pezzi di salmone.

Con l’aiuto di un cucchiaino o di un manico di mestolo creare una depressione al centro dell’anello sulla polenta. Cospargere ora la superficie con un pizzico di prezzemolo.

Lasciare raffreddare la polenta negli anelli.

Nel frattempo spaccare i ravanelli. Pulire la carota e tagliarla a pezzetti. Staccare gli steli agli asparagi mettendo da parte le punte.

Togliere la buccia ai pomodori rossi a freddo. Tagliare a metà i pomodori. Dividere la polpa dalla parte interna coi semi. Tagliare la polpa a tocchetti e mettere da parte il succo coi semini.

In una padella adeguata cuocere a mezza cottura le uova cercando di non rompere i gusci del tuorlo. Lasciare raffreddare le uova coperte.

Tritare in un frullatore i ravanelli, la carota e il succo coi semini dei pomodori, aggiungendo due cucchiai di olio.

In un tegame porre mezzo bicchiere d’olio, il trito di verdure, l’aglio, la passata di pomodoro, le punte degli asparagi e sale q.b. Lasciare cuocere mescolando di tanto in tanto.

A fine cottura aggiungere alla salsa i pezzetti di polpa di pomodoro e lo zucchero mescolando delicatamente e amalgamando.

Porre le uova negli anelli sopra la polenta raffreddata tenendo al centro i tuorli che entreranno nella piccola depressione.

Aggiungere un po’ della salsa sulle uova in modo da coprirle raggiungendo il colmo degli anelli.

Togliere gli anelli dalla polenta ottenendo delle tortine. Se gli anelli non vengono via subito, aiutarsi con un coltellino. Non far caso alla colatura della salsa.

Porre la teglia con gli anelli in forno a 200° ventilato per 20 minuti circa.

 

Impiattamento

Usare piatti piani a base larga.

Porre come base la salsa.

Posizionare al centro i tortini.

Se piace intorno ai tortini, sulla salsa di base, spolverizzare del parmigiano grattugiato.

 

Al vostro appetito una buona soddisfazione.