Che ci vuole a finire una pizza?

Che ci vuole a finire una pizza? Una sera sono stata a cena fuori con degli amici e lo stupore è nato dal fatto che ho finito una pizza intera. E allora? Se non avessi voluto mangiarla, non l’avrei ordinata!

Se esco per mangiare una pizza, mangio una pizza. Una intera. Non voglio criticare chi taglia via tutto il bordino, o chi preferisce un’insalata, o ancora chi salta il dolce. Il punto è che non ci vedo nulla di strano nel fatto che una donna riesca a mangiare una pizza intera. Nel mio caso, dopo l’antipasto.

E poi, ovviamente, mica si può rinunciare al dolce! Dulcis in fundo: il caffè!

Penso che fingere di non avere fame non abbia senso, trattenersi nel mangiare per fare una “buona impressione” neanche; così come non capisco il pensiero comune che le donne mangino poco. Certo, non fa bene abbuffarsi in generale. Ma se si esce per mangiare una pizza, tanto vale gustarsela tutta!

Nell’immaginario comune le donne sono belle, dolci e gentili, e mangiano poco. Già mi è stato detto che assomiglio più a un uomo… Ma il punto è che è sempre sbagliato ragionare per stereotipi.

Ripeto: senza abbuffarsi o esagerare sentendosi male. Ma perché trattenersi per fare “bella figura” mangiando poco? Bisogna essere se stessi. E mangiare tutto quello che c’è nel piatto non è certo una vergogna. Al contrario, non mi piace quando il cibo va sprecato.

Quindi, viva il cibo! Ma senza abbuffarsi. Perché la misura sta bene dappertutto. E anche la pizza!

Trippa al gorgonzola e noci

 
Questa volta il nostro Ratatouille romano mi ha davvero stupita! Posso solo dirvi: buon appetito!

Per tre persone
Tempo 45 minuti
Difficoltà: facile
 
Ingredienti:
Trippa precotta gr.650
Gorgonzola gr.100
Noci 20
Burro 4 noci
Latte 2 bicchieri e mezzo
Salvia 2 cucchiaini
Prezzemolo 3 cucchiaini
Aglio 1 spicchio
Sale mezzo cucchiaio
Parmigiano o pecorino grattugiato q.b.
 
Preparazione:
Sgusciare le noci e tritarle finemente fino alla consistenza di un chicco di riso.
Con una forchetta ridurre il gorgonzola a una pasta densa. Aggiungere la salvia e il prezzemolo. E impastare finché tutto sia ben amalgamato.
Far cuocere la trippa in acqua con mezzo cucchiaio di sale.
Nel frattempo porre il burro in un tegame antiaderente da 20 cm. e farlo sciogliere a fuoco basso facendo attenzione a non farlo friggere.
Aggiungere lo spicchio d’aglio e il latte. Riscaldare il tutto finché sia poco più che tiepido.
Ora aggiungere nel tegame l’impasto di gorgonzola e con un mestolino di legno scioglierlo del tutto a fuoco basso.
Quando il gorgonzola sarà tutto sciolto aggiungere le noci tritate.
Lasciare cuocere, sempre a fuoco basso, finché raggiungerà  un calore più che tiepido diventando una salsa del tutto omogenea.
Togliere lo spicchio d’aglio.
Quando la trippa sarà cotta al punto di essere forata completamente con una forchetta, e sia facile masticarla, scolarla bene e porla nel tegame con la salsa e mescolare a fiamma allegra (ma non troppo!) per cinque minuti.
 
Impiattare molto caldo ridistribuendo il sughetto eventualmente rimasto nel tegame.
Se piace si può guarnire con parmigiano o pecorino grattugiato.
 
Al vostro appetito una buona soddisfazione.

Pensieri su… “Blood & breakfast”

“Blood & breakfast” (Ensemble collana Échos 2014) di Riccardo De Torrebruna è un libro che ho letteralmente divorato! Si legge in poco tempo, è scorrevole e intrigante. Un thriller che comincia in sordina e poi svela quello che probabilmente il lettore aveva già intuito…

All’inizio sembra la storia semplice di un universitario fuori corso, Carl, che poco convintamente studia medicina. Poi un giorno la svolta inattesa: riceve in eredità il casale che era appartenuto a sua nonna e in cui aveva vissuto da bambino.

All’inizio mi piaceva la figura di questo giovane che capisce che lo studio non fa per lui e decide di buttarsi anima e corpo in un nuovo progetto: ristrutturare quel Casale. Per poi magari venderlo oppure… perché non affittare la camera al piano di sopra? Ancora ce l’ho impressa nella mente con il letto a baldacchino, la grande finestra da cui entra la luce e il bagno che non versa proprio in ottime condizioni.

E così comincia la nuova attività di questo giovane che dà l’impressione di dover protetto: solo, alle prime armi, con una triste storia familiare alle spalle.

Poi comincia a fare dei sogni strani… sogni che confinano con la realtà… Fino all’ultima scena, terribile, che mi ha allontanata definitivamente dal protagonista e mi ha lasciata senza parole.

Fate attenzione ai personaggi: il giovane Carl, l’assessore comunale e il venditore ambulante. Chi sono i buoni e chi i cattivi? Chi vuole approfittarsi di chi? Chi potrebbe fare del male a chi? Niente si può dare per scontato.

Un libro scritto bene, senza troppi fronzoli ma con i giusti dettagli, spesso al confine con la poesia. Mi è piaciuta la frase: “Nel suo cuore si era insinuato un sentimento vecchio di secoli, eppure capace di rinnovarsi: la speranza”.

Qualche piccolo appunto:

⁃ pag. 53 “gli ripugna”: lo ripugna.

⁃ pag. 48 “spugnetta rigida”: forse spugnetta ruvida?

⁃ pag. 68 “mondezza”: immondizia.

⁃ pag. 81 “due barattoli di aranciata”: due lattine.

⁃ pag. 161 “carogne” ma in questo caso si tratta di cadaveri, visto che sono esseri umani; le carogne o carcasse sono quelle animali.

Una lettura veloce in cui mi sono chiesta ad ogni pagina e ad ogni capitolo cosa sarebbe successo dopo. E di cose ne accadono davvero tante…

Breve spoiler ——->

Mi sono affezionata troppo al cane Django! Fedele al suo nuovo padrone fino alla fine! Nonostante tutto lui ama Carl e lo difende, perché lui gli ha dato una casa e da mangiare. In qualche modo lo ha accolto quando, ritrovatosi anche lui da solo, il mondo esterno lo aveva rifiutato. Una scodinzolata di vita! E alla fine si è meritato un posto in cui si sarebbero presi cura di lui in maniera adeguata: per me è stato un sospiro di sollievo!

Pensieri su… “Agatha Raisin e l’insopportabile ficcanaso”

“Agatha Raisin e l’insopportabile ficcanaso” di M.C. Beaton, Astoria Edizioni, è uscito a giugno 2018. I libri Rossi Astoria a copertina morbida sono inconfondibili e hanno un odore particolare, dolciastro, di nuovo.

Non conoscevo il personaggio di Agatha Raisin ma della stessa autrice avevo già letto “Morte di una moglie perfetta” e “Morte di una sgualdrina”, con protagonista Hamish Macbeth. Che dire? La Beaton non delude mai! Hamish Macbeth ha il suo carattere, è un uomo di campagna e sta bene nel suo paesino. Ha pregi e difetti e in qualche modo resta simpatico. Agatha Raisin, della quale ho fatto la conoscenza in questo giallo, è tutto tranne che simpatica. È una donna di mezza età che beve e fuma, anche se ultimamente sta cercando di non fumare al chiuso in presenza di altri ma soltanto all’aperto; non è particolarmente bella, è vendicativa (si prende la sua rivincita su un giornalista) e a volte si sopravvaluta (come in una telefonata in cui finge un accento diverso ma viene scoperta). A volte fa delle scelte improvvise e decide per gli altri, come quando manda via Sharon dalla casa di Toni, due ragazze che lavorano per lei. O quando non vuole che Toni e il nuovo assunto Simon abbiano una storia d’amore. Eppure mi piace! È umana e credibile proprio per la sua imperfezione, la sua impulsività e per le scelte sbagliate che a volte fa, come nascondere delle prove o non chiamare subito la polizia… E nonostante i suoi difetti insegue la verità, che è sempre una, e alla fine la trova.

Questa volta si trova a dover investigare su un uomo odiato da un villaggio intero: chiunque sarebbe potuto essere l’assassino, se non fosse che al momento dell’omicidio gran parte dei sospettati stava assistendo alla morte dell’uomo, pugnalato a morte… Tutti tranne due donne che non erano presenti. Una delle due, Miriam, assume Agatha per scoprire la verità ed essere scagionata.

Ma le indagini vanno avanti e i colpi di scena non mancheranno… Un libro veloce, non privo di descrizioni ma che procede spedito, senza troppi dettagli, come in una marcia continua verso nuove trame e verso la soluzione dei casi. Già, dei casi…

Non sempre la traduzione mi è piaciuta, come quando a pagina 147 dice “un cielo ampio”, meglio “un cielo aperto” o “un cielo terso”; oppure quando dice “calore umido”, meglio “caldo umido”.

C’è anche il primo capitolo del prossimo libro: “Agatha Raisin e il maiale allo spiedo”. E da questo primo capitolo si scopre una novità su come sia andata a finire l’amicizia tra la giovane Toni e Simon…

Piccola parentesi: anche in questo libro i giornalisti sono dei ficcanaso in cerca di uno scoop. Uno di loro, nemico giurato di Agatha, scriverà un articolo diffamatorio su di lei, restando però sul filo del rasoio, senza poter essere denunciato.

Davvero, non voglio rovinare ai lettori le sorprese… Perché ce ne sono tante. Con Agatha Raisin non ci si annoia mai!

Pasta “a” fichi

Il nostro Ratatouille romano ci stupisce di nuovo con una ricetta speciale! Ma è pasta o sono fichi? Una cosa è certa: sono deliziosi!

Per tre coperti

Tempo: 1 ora e mezza

Difficoltà: facile

 

Ingredienti:

Farina doppio zero:​​ gr. 200

Tuorli d’uovo:​​​ due

1 uovo intero

Sgombro in scatola:​​ gr. 120

Olive verdi denocciolate:​ 20

Miele:​​​​ q.b.

Sale:​​​ ​q.b.

Olio E.V.O.​​ ​q.b.

Zenzero tritato:​​​ q.b.

Basilico tritato: ​​​q.b.

Parmigiano grattugiato:​​ q.b.

 

A parte:

Brodo vegetale a piacere: ​1 tazza

 

Preparazione:

A mano, ovvero aiutandosi con una planetaria, impastare la farina con i tuorli d’uovo e l’uovo intero, aggiungendo un cucchiaino raso di sale. Se la pasta fosse troppo secca, aggiungere con molta attenzione acqua, quanto basta per ammorbidire e compattare l’impasto che dovrà risultare omogeneo, facile da maneggiare e abbastanza elastico.

Farne un panetto e lasciarlo riposare mezz’ora, avvolgendolo con un canavaccio o con una pellicola aderente per evitare che indurisca in superficie.

Triturare lo sgombro grossolanamente o finemente, a piacere.

Tritare le olive verdi.

Unire e amalgamare in una ciotola di ceramica lo sgombro e le olive, con l’aggiunta di un cucchiaio raso di olio E.V.O.

Preparare il brodino con il solito sistema. Aggiungere del basilico tritato se piace.

Quando starà bollendo si può generare un mulinello e unire i due albumi avanzati debitamente sbattuti. Un modo originale per presentare il brodino.

Dopo mezz’ora riprendere il panetto di pasta e stenderla a pezzi portandola allo spessore indicativo di mm.3. Lo si può fare più velocemente e precisamente con uno stendi pasta elettrico.

Si può aggiungere dello zenzero in polvere alla pasta, ripiegandola e stendendola fino ad amalgamarlo a fine stesura.

Con un coppapasta di cm.10 ritagliare il pezzo di pasta stesa ottenendo un cerchio. Quella che rimane ai bordi va unita, ovviamente, al pezzo successivo da stendere.

Al centro del cerchio di pasta versare un cucchiaio del composto sgombro-olive.

Sopra il composto versare due cucchiaini di miele.

Chiudere a sacchetto il cerchio di pasta e premere bene all’apice per sigillare ermeticamete il sacchetto, stando attenti a non rompere la pasta e a non far fuoriuscire la farcia.

Tenendo saldo l’apice del sacchetto, girare delicatamente la base di un giro per creare l’apparenza di un “fico”.

Prima della cottura, deporre i “fichi” in un vassoio cosparso di farina per evitare che la base si attacchi al vassoio.

Se avanza qualcosa della farcia, la si può aggiungere al brodino già preparato.

In una pila con cestello far bollire quanto basta di acqua aggiungendo un cucchiaio raso di sale e inserire i “fichi”. Mescolare di tanto in tanto. Quando saliranno a galla sarà il segno che sono cotti.

 

Impiattamento:

Prima versare il brodino compreso il tuorlo cotto insieme e l’eventuale rimanenza della farcia, il tutto adeguatamente porzionato a occhio.

A pioggia aggiungere il parmigiano grattugiato, senza esagerare.

Aggiungere i “fichi”, porzionandone il numero, depositandoli nel brodino.

Un filo d’olio E.V.O. sopra i “fichi”, ovvero una piccola pioggia di parmigiano.

Servire caldo.

 

Note:

La farcia può essere preparata con vari ingredienti (noci e nocciole tritate, carne macinata precotta…), ma confezionati in modo da essere immediatamente “palatabili” come, appunto, la polpa di un fico;

il miele è base fondamentale per ricreare il gusto dolce del fico cui la ricetta si ispira, di conseguenza risulta insostituibile.

 

Al Vostro appetito una buona soddisfazione.

Razzismo canino

Sono agghiacciata! Davvero! Leggo tanti post su Facebook di volontari che cercano disperatamente di far adottare cani adulti e cuccioli. E poi leggo un nuovo post: una volontaria afferma che qualcuno avrebbe adottato volentieri lo splendido, tranquillo e sano cucciolo nella foto ma non lo fa perché è nero! Perché è nero? Forse non ci arrivo io ma un animale è bello a prescindere, fuori e dentro! Poi può piacere più una razza che un’altra, più un colore che un altro, più una taglia che un’altra. Ma non si può scartare un cane perché è nero! Qual è il problema? Nero viene associato forse a “cattivo”? E tanta gente ha ancora maggiori riserve sui gatti neri, che qualcuno pensa possano portare sfortuna! Non sarà il caso di andare finalmente oltre le superstizioni e le false credenze? E se non riusciamo ad accettare animali di colore nero per sciocchi motivi, come riusciremo ad accettare la diversità e a superare il pregiudizio rispetto ad altri esseri umani?

Riso e ananas

Ma quante idee ha in cucina il Ratatouille romano di questo blog? Infinite! Ecco la sua ultima deliziosa creazione!

Per quattro persone

Tempo: 1 ora

Difficoltà: facile

 

Ingredienti:

8 più 2 fette di ananas formato ciambella

8 cucchiai di riso per risotto

12 noci sgusciate

4 uova

Erba cipollina tritata q.b.

Sale q.b.

Burro q.b.

Latte a piacere

Parmigiano grattugiato a piacere

 

Preparazione:

Sgusciare le noci e tritare leggermente i gherigli.

Se le fette di ananas sono in barattolo, sicuramente avranno un vuoto al centro che, se troppo stretto, può essere allargato con un cerchietto in acciaio di diametro appropriato; altrimenti, dopo averne eliminato l’esterno, si provvederà a tagliare le fette di ananas di circa 15 mm. di spessore e a praticare il foro con il cerchietto come descritto sopra.

Nel frattempo cuocere il riso al dente con due pizzichi di sale.

Accendere il forno a 200°.

Imburrare leggermente una teglia appropriata e sovrapporre nella stessa a due a due le fettine di ananas in modo da ottenere quattro porzioni.

Porre nei fori un cucchiaino di riso che farà da base.

Rompere le uova e con un separa tuorli lasciar cadere l’albume nei fori degli ananas sovrapposti.

Lasciare debordare l’albume e porre nel foro i tuorli stando attenti a non romperli.

Salare leggermente sia i tuorli che gli albumi, cospargendoli anche con un po’ di erba cipollina tritata.

Infornare per circa quindici minuti controllando quando le uova saranno cotte.

Nel frattempo spezzettare grossolanamente le altre due fette di ananas e unirle al riso già cotto.

Aggiungere al composto anche le noci tritate e mescolare fino ad amalgamare bene il tutto.

Se piace si può aggiungere del latte e un cucchiaio di parmigiano grattugiato.

Il piatto può avere per base il composto di riso – ananas – noci grattugiate, ponendovi sopra gli ananas passati al forno, dividendo equamente gli albumi cotti nella teglia che ovviamente si saranno uniti.

Ovvero si può impostare tenendo divise le due pietanze nel piatto in modo che il composto sia a parte dall’ananas cotto al forno con la loro parte di albume.

Al vostro appetito una buona soddisfazione.

Pensieri su… “Giallo di mezzanotte”

È il terzo libro (dopo ”Lo strano caso dell’orso ucciso nel bosco” e “Delitto con inganno”) che leggo con protagonista l’ispettore Marzio Santoni, che non mi è particolarmente simpatico, ma l’ambientazione da favola mescolata con efferati omicidi funziona. “Giallo di mezzanotte” (Newton Compton editori, uscito a marzo 2018) di Franco Matteucci mi ha riportata a Valdiluce, un luogo fiabesco dove avvengono omicidi che Lupo Bianco (soprannome dell’ispettore) riesce puntualmente a risolvere. Stavolta non avevo l’edizione cartacea ma quella in Pdf.

Non vedevo l’ora di ritrovare gli animaletti che vivono in casa dell’ispettore Santoni: riccio Arturo, topo Mignolino, il pipistrello Puppy (che adoro!), le formiche nel formicaio dentro la teca di vetro (che prevedono il tempo) e ora, anticipazione, anche l’intelligentissimo cane Romeo!

E tra gli animali stavolta compare anche il Daü, creatura che appartiene davvero alle credenze popolari e che vive in montagna. Si tratta di una sorta di capriolo con le zampe più corte da un lato e che per questo può andare in una sola direzione.

Al centro della vicenda c’è proprio la caccia al Daü, animale innocuo che non va ucciso ma catturato infilandolo dentro un sacco. Madrina dell’evento, che ovviamente avrà luogo a Valdiluce, è Diana Caselli, star della televisione. Ma la donna ha intenzione di partecipare solo per incontrare il suo amante. A guastarle la festa ci saranno il fidanzato e altre presenze… e purtroppo, neanche a dirlo, la caccia terminerà nel sangue…

Anche in questa avventura, come in “Delitto con inganno”, c’è il sesso di mezzo, più che nelle precedenti storie.

Stavolta, però, l’assassino lascerà delle tracce, deciso a farsi prendere…

L’omicidio cruento (che non descriverò per non rovinare la lettura) e la ricerca del colpevole sono accompagnati da momenti magici. Ad esempio, quando Santoni ricorda l’origine del suo soprannome, dovuta a quando da bambino sopravvisse per tre giorni da solo in montagna in mezzo alla neve, ed è ancora consapevole che a salvargli la vita furono gli gnomi della foresta.

I libri di Matteucci, e questo in particolare, sono a metà tra favola, commedia (come quando Santoni parla delle “vedette” di Valdiluce che sanno tutto di tutti) e giallo.

Tutto si risolve in poco tempo. Il delitto avviene in una notte di luna nera, durante la caccia al Daü. E a Santoni sembra anche di vederlo un Daü, ma in quel momento è troppo preso dall’indagine…

Sgombro in verdure

Nuova delizia del Ratatouille romano che popola questo blog! Assolutamente da provare!
Per tre persone

Tempo: 45 minuti

Difficoltà: facile

 

Ingredienti:

1 confezione in scatola di sgombro

2 zucchine spinose

200 gr. di piselli fini

5 foglie larghe di bieta

1 spicchio di aglio

Sale q.b.

Olio E.V.O. q.b.

Origano in polvere q.b.

Pane grattugiato q.b.

Mezza mela

A piacere: Besciamella q.b.

 

Preparazione:

Sbucciare le zucchine spinose con forchetta e coltello affilato togliendo prima la parte superiore e reggendo, con la forchetta, da quel lato la zucchina.

Tagliandole poi per il lungo, ricavare dalle zucchine così sbucciate delle fettine spesse al massimo 4 mm.

Metterle da parte in un vassoio.

Lavare bene le foglie di bieta.

In una pentola capiente riempita a tre quarti di acqua inserire le fettine di zucchina e le foglie di bieta e far cuocere con una presa di sale finché con una forchetta si sentano le fettine di zucchina ammorbidite.

Sbucciare la mezza mela e mondarla dei semi. Tagliarla a tocchetti.

In un frullatore, od anche un tritatutto, frullare lo sgombro e la mezza mela insieme aggiungendo un cucchiaio d’olio.

Mettere da parte il frullato in una ciotola.

Dopo aver lavato bene i piselli metterli a cuocere in una pentola adeguata con una presa di sale fino a cottura completa.

Quando i piselli saranno cotti frullarli, avendo ripulito il bicchiere del frullatore, insieme allo spicchio d’aglio che avremo spezzettato finemente, aggiungendo un cucchiaio d’olio, ottenendo una pasta abbastanza densa. Riporre in una ciotola di ceramica.

Imburrare fondo e lati di una teglia di cm 25 per cm 20 o simile con bordi di circa cm 3.

Preparare una base con le fettine di zucchina coprendo tutta la superficie della teglia. Si possono a questo scopo spezzettare le fettine per non creare sovrapposizioni. Fare attenzione perché il completamento della teglia prevede la copertura con un altro strato di fettine di zucchina. Quindi evitare gli sprechi.

Cospargere a pioggia l’origano sullo strato di fettine di zucchina.

Adagiare sopra lo strato le foglie di bieta allargandone i lembi. In questo caso si possono posizionare le foglie opponendone le coste tra i lembi per omogeneità.

Inserire il frullato di sgombro e mela. Spalmarlo su tutta la superficie con un cucchiaio oliato nella parte posteriore per permettere un migliore scorrimento del composto.

Spalmare su questo la pasta di piselli.

Con la seconda parte delle fette di zucchina, coprire di nuovo la superficie della teglia.

Oliare leggermente e spandere l’olio per tutta la superficie con un pennellino.

A pioggia coprire con il pane grattugiato.

Infornare a 200° per circa venticinque minuti, controllando lo stato del pane grattugiato che deve rosolare appena.

La cottura dell’interno è solo relativa al reciproco rilascio di sapori all’interno dal momento che gli ingredienti principali sono precotti.

Subito dopo aver sfornato, cospargere la superficie con del formaggio grattugiato a piacere (pecorino, grana ecc.)

Servire caldissimo.

 

Note

La base di pesce può essere variata, ma solo con filetti o composti di pesce bianco (Merluzzo, Cernia, Rana Pescatrice, Orata, Sogliola, per dire i più gustosi).

Si può anche “ rischiare “ con molluschi di mare, ma andrebbero lavorati con cognizione di causa per evitare clamorose dissonanze al palato e difficoltà di taglio.

Non è ammessa carne di nessun tipo per la conseguente difficoltà di taglio e porzionamento.

D’altronde macinati o frullati sono inopportuni.

Si possono intercalare due strati di besciamella per i patiti del timballo. Non disdice.

 

Al vostro appetito una buona soddisfazione.